Gli accordi tra sindacati e imprese
per la convalida delle dimissioni, come previsto dalla Riforma del Lavoro: i
contratti, la procedura e le sanzioni.
Sono ormai diversi gli accordi di convalida dimissioni firmati dalle parti sociali dopo le nuove norme in materia – per scoraggiare pratiche scorrette come ad esempio le dimissioni in bianco delle lavoratrici madri – introdotte dalla Riforma del Lavoro.
Sono ormai diversi gli accordi di convalida dimissioni firmati dalle parti sociali dopo le nuove norme in materia – per scoraggiare pratiche scorrette come ad esempio le dimissioni in bianco delle lavoratrici madri – introdotte dalla Riforma del Lavoro.
Molti accordi riguardano
specificamente i contratti delle PMI
(Confapi, Confcommercio…) e permettono di convalidare le dimissioni in sede
sindacale, come previsto dai contratti per la soluzione delle controversie.
Convalida dimissioni
Le norme in materia di
convalida delle dimissioni sono contenute nei commi dal 16 al 23 dell’articolo 4 della legge 92/2012 di riforma. In particolare,
il comma 17 prevede che le
dimissioni siano valide solo se convalidate
dai seguenti soggetti abilitati:
1.
Direzione
Territoriale del Lavoro (DTL)
2.
Centro
per l’impiego
3.
Sedi
individuate dai CCNL stipulati dalle organizzazioni sindacali più
rappresentative a livello nazionale.
In alternativa, in base al comma
18, è possibile «effettuare
una sottoscrizione di apposita dichiarazione in calce alla ricevuta di trasmissione
della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro», obbligatoria ai
sensi dell’articolo 21, legge 264/1949,
e successive modificazioni).
Invece è sempre necessaria la
convalida del servizio ispettivo del Ministero
del Lavoro competente per territorio, nei casi di lavoratrice
in gravidanza, lavoratrice o lavoratore durante i primi tre anni di vita del
figlio (anche nei casi di minore adottato o in affidamento) e adozione
internazionale.
Gli accordi tra imprese
e sindacati
Gli accordi firmati dalle
associazioni imprenditoriali e dai sindacati si inseriscono negli obblighi
previsti dal sopracitato comma 17
(opzione n.3): offrendo una procedura
concordata.
In genere si opta per le stesse sedi
previste per la risoluzione di controversie individuali di lavoro (commissioni
di conciliazione, organismi sindacali di conciliazione, enti bilaterali…).
Ecco l’elenco completo:
·
Piccola e media industria, firmato il 18 settembre da Confapi
con Cgil, Cisl e Uil.
·
Dirigenti piccole e medie aziende industriali, firmato il 26 settembre da Confapi
e Federmanager.
·
Terziario, firmato il 21 settembre da Confcommercio con Filcams-Cgil,
Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil.
·
Dirigenti industria, firmato il 18 settembre da Confindustria e
Federmanager.
·
Dirigenti servizi pubblici locali, firmato il 21 settembre da
Confservizi e Federmanager.
La procedura di
convalida
Procedura:
·
Il datore di lavoro
verifica attivamente che il lavoratore adempia alla convalida, convocandolo, entro 30 giorni dalla
data delle dimissioni, con invito scritto contenente la ricevuta della trasmissione della
comunicazione di cessazione al Centro per L’impiego.
·
Il lavoratore ha poi 7 giorni di tempo, dalla ricezione dell’invito, per
recarsi dal datore di lavoro o altro soggetto abilitato alla convalida.
L’immobilismo del datore di lavoro,
rende le dimissioni prive di effetto,
mentre se è il lavoratore a non adempiere all’invito del datore di lavoro di
procedere alla convalida, il rapporto di lavoro si intende risolto.
Il lavoratore ha diritto al ripensamento (comma 21 dell’articolo 4 della Riforma
del Lavoro), entro 7 giorni dalla ricezione dell’invito del datore di lavoro.
La revoca delle dimissioni è un atto unilaterale al quale il datore di lavoro
non può obbiettare.
Le sanzioni
Salvo che il fatto non rappresenti
più grave reato, il datore di lavoro che abusa del foglio firmato in bianco per
“simulare” le dimissioni del lavoratore o la risoluzione consensuale del
rapporto di lavoro è punito con una sanzione
amministrativa da 5mila euro a 30mila euro. Accertamenti e
sanzioni competono alla Direzione Territoriale del Lavoro.
Non è ammissibile la diffida. Il
trasgressore (datore di lavoro) è ammesso a definire la sanzione con il pagamento in misura ridotta, ovvero
opponendosi al verbale mediante scritti difensivi e/o davanti al giudice
avverso l’ordinanza di ingiunzione.
Se l’organo di vigilanza è in grado
di provare un comportamento costrittivo
del datore di lavoro, può ricorrere all’autorità giudiziaria, in sede penale.
Un classico esempio di comportamento
costrittivo può essere la conferma del
posto di lavoro solo dopo aver firmato un foglio in bianco o una lettera di
dimissioni. In questi casi si potrebbe ravvisare il reato di estorsione (ex art. 629 del codice penale).
Il comportamento illegittimo (penale o amministrativo) se
pur identico, differisce per le modalità,
se cioè con minacce, costrizioni, al fine di trarne un ingiusto profitto,
(illecito penale) o viceversa nell’illecito amministrativo che punisce il
semplice comportamento del datore di lavoro, qualora non emergano o non siano
provate le situazioni prima descritte.
Fonte: Pmi.it
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