L’art.
10, comma 1, Legge n. 180/2011, c.d. “Statuto delle Imprese” ha delegato il
Governo ad adottare, tramite uno specifico Decreto, le modifiche al D.Lgs. n.
231/2002 al fine di recepire la Direttiva n. 2011/7/UE in materia di ritardati
pagamenti nelle transazioni commerciali.
Con
il Comunicato stampa 31.10.2012 n. 52 ter il Consiglio dei Ministri ha reso
nota l’approvazione dello “schema” del Decreto di recepimento della suddetta
Direttiva.
Ora,
sulla G.U. 15.11.2012, n. 267 è stato pubblicato il D.Lgs. 9.11.2012, n. 192
contenente il recepimento della citata Direttiva comunitaria finalizzata a
garantire, nei pagamenti tra imprese e tra Pubblica Amministrazione e imprese,
tempi certi e brevi.
LE NUOVE REGOLE PER I PAGAMENTI DELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI
Si
rammenta, innanzitutto, che il D.Lgs. n. 231/2002, attuativo della Direttiva n.
2000/35/CE, avente la finalità di contrasto
ai ritardati pagamenti nell’ambito delle transazioni commerciali,
aveva (già) disposto il decorso automatico degli interessi di mora per i
pagamenti tardivi nell’ambito delle operazioni commerciali con oggetto, in via
esclusiva o prevalente, la consegna di beni o la prestazione di servizi a
titolo oneroso, intercorrenti tra imprese / professionisti nonché tra imprese /
professionisti e Pubbliche Amministrazioni. Sono esclusi i rapporti commerciali
con clienti privati.
Il
citato D.Lgs. n. 192/2012 si compone di 3 articoli, di cui, in particolare:
⇒ l’art. 1, modifica la disciplina
contenuta nel citato D.Lgs. n. 231/2002;
⇒ l’art. 3, dispone che le nuove
disposizioni “si applicano alle transazioni commerciali concluse a decorrere
dal 1° gennaio 2013”.
AMBITO DI APPLICAZIONE
L’art.
1, D.Lgs. n. 231/2002, dispone ora che la disciplina in esame:
●
si applica “ad ogni pagamento effettuato a titolo di corrispettivo in una
transazione commerciale”;
●
non è applicabile:
-
in presenza di procedure concorsuali / procedure di ristrutturazione del
debito;
-
nell’ipotesi di risarcimento del danno “compresi i pagamenti effettuati a tale
titolo da un
assicuratore”.
Va
evidenziato che il nuovo art. 2, del citato D.Lgs. n. 231/2002, nel fornire le
definizioni dei termini utilizzati nella disciplina in esame precisa, in
particolare, che per:
●
“transazione commerciale”,
si intendono i contratti stipulati tra imprese, tra imprese e Pubblica
Amministrazione, che comportano “in via esclusiva o prevalente” una consegna di
merci / prestazione di servizi e il relativo pagamento del prezzo;
●
“Pubblica Amministrazione”, si intendono le Amministrazioni ex art. 3, comma
25, D.Lgs. n. 163/2006 (amministrazioni dello Stato, enti pubblici
territoriali, organismi di diritto pubblico, associazioni, unioni, consorzi) e
gli altri soggetti tenuti al rispetto delle disposizioni contenute nello stesso
Decreto;
●
“imprenditore”, si
intende l’esercente un’attività economica organizzata / una professione.
Pertanto le nuove regole interessano sia le imprese che i lavoratori
autonomi.
TERMINI DI PAGAMENTO DELLE TRANSAZIONI COMMERCIALI
L’art.
4 del citato D.Lgs. n. 231/2002, prevede
ora l’automatica decorrenza degli interessi moratori (senza
quindi la necessità della messa in mora) dal
giorno successivo alla scadenza dei seguenti termini di pagamento:
⇒ 30
giorni dal ricevimento
della fattura / richiesta di pagamento. In merito il comma 2,
lett. a) del citato art. 4, dispone che: “Non hanno effetto sulla decorrenza
del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura o di
altra richiesta equivalente di pagamento”;
⇒ 30
giorni dal ricevimento dei beni / prestazione di servizi,
quando non è certa la data di ricevimento della fattura / richiesta di pagamento
o quando quest’ultima è anteriore a quella di ricevimento delle merci /
prestazione di servizi;
⇒ 30
giorni dall’accettazione / verifica (prevista dalla Legge o dal
contratto) della conformità dei beni /
servizio ricevuto al contratto nel caso di ricevimento della
fattura / richiesta di pagamento “in epoca non successiva a tale data”.
Nelle
transazioni tra imprese / lavoratori autonomi le parti possono definire termini di pagamento
superiori ai suddetti. In particolare, la definizione di un
termine di pagamento superiore a 60
giorni, purché non gravemente iniquo ai sensi dell’art. 7 del citato Decreto,
deve essere pattuito in forma scritta.
Nelle
transazioni con la PA possono essere definiti termini di pagamento superiori ai
suddetti “quando ciò sia giustificato dalla natura o dall’oggetto del contratto
o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione”. Anche in tal
caso gli stessi devono essere pattuiti in forma scritta e non possono comunque
superare i 60 giorni.
I
termini di “30 giorni”, ai sensi del citato comma 2, sono raddoppiati se il
debitore è:
●
impresa pubblica, tenuta al rispetto dei requisiti di trasparenza ex D.Lgs. n.
333/2003;
●
Ente Pubblico “riconosciuto” che fornisce assistenza sanitaria. In presenza di
una procedura di conformità dei beni / servizio ricevuto al contratto la stessa
non può avere una durata superiore a 30 giorni dal ricevimento della merce /
prestazione di servizi salvo che la durata, superiore ai 30 giorni sia:
concordata dalle parti in forma scritta;
prevista nella documentazione di gara;
non sia gravemente iniqua.
È
possibile definire una rateazione del pagamento del corrispettivo dovuto. In
tal caso gli
interessi
moratori si applicano esclusivamente agli importi delle rate scadute. Gli
interessi moratori, ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. n. 231/2002, sono individuati
negli interessi
legali
di mora oppure negli interessi concordati tra le imprese.
Si
rammenta che gli interessi legali di mora sono costituiti da una:
⇒ componente variabile, connessa alla
politica monetaria della Banca Centrale Europea (BCE), comunicata
semestralmente mediante pubblicazione della stessa sulla G.U.;
⇒ componente fissa pari a 8 punti
percentuali.
Nell’ipotesi
di responsabilità del debitore quando lo stesso, ai sensi dell’art. 3, D.Lgs.
n. 231/2002, non è stato in grado di dimostrare “che il ritardato pagamento è
stato determinato dall’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui
non imputabile”, il creditore ha diritto:
●
al rimborso delle spese di recupero crediti;
●
ad un importo di € 40 a titolo di risarcimento danni, salvo prova del maggior
danno.
NULLITÀ DELLE CLAUSOLE INIQUE
L’art.
7, D.Lgs. n. 231/2002, dispone ora che sono
nulle le clausole che definiscono termini di pagamento, saggio di interessi,
risarcimento per i costi di recupero, che “risultano gravemente inique in danno
del creditore”.
Ai
sensi del citato art. 7, si considerano gravemente inique quelle clausole che:
escludono l’applicazione degli interessi di mora;
escludono il risarcimento per i costi di recupero crediti;
nelle transazioni commerciali in cui è parte la Pubblica Amministrazione
predeterminano o modificano la data di ricevimento della fattura.
Ai
sensi del comma 2 del citato art. 7 spetta al Giudice dichiarare, anche
d’ufficio:
“la nullità della clausola avuto riguardo a tulle le
circostanze del caso, tra cui il grave scostamento dalla prassi commerciale in
contrasto con il principio di buona fede e correttezza, la natura della merce o
del servizio oggetto del contratto, l’esistenza di motivi oggettivi per
derogare al saggio degli interessi legali di mora, ai termini di pagamento o
all’importo forfetario dovuto a titolo di risarcimento per i costi di recupero”.
Fonte seac
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