I nostri conti
correnti bancari, postali, depositi e simili saranno trasmessi all’agenzia
delle entrate per rintracciare i contribuenti da sottoporre a controllo e
accertamento nell’ambito delle verifiche fiscali da part dell’agenzia delle
entrate introdotto con il Decreto Salva Italia del Governo Monti per la lotta all’evasione fiscale e al nero.
L’articolo 11 del
Decreto Salva Italia infatti impone agli istituti di credito, banche, poste,
istituti finanziari di comunicare con l’invio telematico tutte le informazioni
relative ai conti correnti bancari dei correntisti clienti.
Dovrà essere
emanato un apposito regolamento in tal senso che ne disciplinerà le modalità
tecniche di compilazione ed invio dei flussi delle movimentazioni bancarie.
Come
funzionano le verifiche sui conti correnti bancari
Il flusso di
informazioni tra le banche e l’Agenzia delle Entrate servirà ad indirizzare il
controllo e le selezioni dei contribuenti da sottoporre a richieste di
informazioni, accertamenti, accessi o verifiche anche se la domanda che ci si
potrebbe porre è “nel concreto, come funziona?”, “quali saranno i contribuenti
soggetti a controllo?”.
Un’ipotesi
potrebbe essere quella di mettere a confronto la colonna dell’estratto conto
scalare relativa alle entrate con la somma algebrica dei redditi dichiarati
all’interno del 730 o delle dichiarazioni e, laddove evidenzino delle
differenze superiori ad un certa soglia, far scattare la verifica.
Oltre a questo
ricordo brevemente che con il Decreto Salva Italia è prevista anche l’introduzione
nel reato penale di false autocertificazioni e con questo si intende non solo
la falsificazione di documento ma anche attestazioni e false risposte ai
questionari dell’agenzia delle entrate. Ora v’è anche da dire che un
contribuente alle prese con il diritto tributario e la complessità della
materia potrebbe essere indotto in errore, ma si spera sempre che vi sia
un’accoglienza ed una disponibilità da parte degli operatori dell’agenzia tesa
a prendere in considerazione la buona fede dal contribuente rispetto invece ai
veri evasori fiscali…
Si potrebbe
pensare ad una violazione della privacy in quanto non tutti hanno piacere a
sapere che c’è chi può guardare tutte le sue movimentazioni bancarie, con
accesso alle informazioni non solo numeriche bensì anche qualitative ossia dove
è stato effettuato un acquisto o sostenuta una spesa, ma c’è da sperare che
l’analisi preliminare si fermi solo all’importazione delle informazioni
numeriche.
Il principio però
che deve animare questo genere di riflessioni a mio avviso è sempre lo stesso:
se non si ha nulla da nascondere non bisogna temere che vi siano sguardi
indiscreti sulle proprie abitudini di acquisto e che esulano dalla reale
finalità della legge, che è quella di recuperare reddito imponibile dichiarato
dal contribuente e impedire il nero.
Il dramma
dell’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente
Vi riporto la
sintesi della sentenza . 9535 del 29 aprile 2011 (udienza del 10 febbraio 2011)
Corte di cassazione, sezione tributaria in cui la rivista telematica
dell’agenzia delle entrate afferma che il DPR n. 600 del 1973, art. 38, non
impedisce, pure in presenza di dichiarazione formalmente regolare,
l’accertamento in rettifica in forza di valutazioni condotte sulla base di
presunzioni gravi, precise e concordanti, come nella specie. Infatti nel
processo tributario, nel caso in cui l’accertamento effettuato dall’ufficio
finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, è onere del
contribuente, a carico del quale si determina una inversione dell’onere della
prova, dimostrare che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non
siano riferibili ad operazioni imponibili, ovvero che abbiano già scontato
l’imposta, mentre l’onere probatorio dell’Amministrazione è soddisfatto, per
legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti (cfr.
anche Cass. n. 4589 del 26/02/2009, n. 1739 del 2007).
Si chiude
il Sistema degli strumenti contro la lotta all’evasione
Anche se sarà
oggetto di un futuro articolo dedicato agli strumenti del legislatore fiscale
per la lotta all’evasione fiscale, qui si può dire che con l’introduzione della
comunicazione da parte delle banche degli estratti conto bancari (o solo
movimentazioni bancarie, questo è ancora da chiarire) il sistema degli strumenti
alla lotta all’evasione dovrebbe chiudersi in quanto questo era forse l’ultimo
baluardo da abbattere per permettere ai verificatori e accertatori di avere
tutti i dati a disposizione per ricostruire ragionevolamente il comportamento
fiscale del contribuente.
Le altre
misure e gli strumenti nella lotta all’evasione
Oltre alle misure
messe a punto dal Decreto Salva Italia il sistema degli strumenti della lotta
all’evasione era già stato rinnovato dalle precedenti manovre del 2010 e del
2011. Parlo in primis del nuovo redditometro e dell’accertamento sintetico ma
soprattutto dell’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente,
che di fatto ha consegnato il manico nella mani del Fisco attribuendo assoluto
potere nella rideterminazione del
reddito imponibile del contribuente che, in base ad una stima
statistica del fisco, deve provare con enorme difficoltà in molti casi che
quella ricostruzione in realtà non corrisponde al vero.
E’ il caso anche
per le società ed i professionisti titolari di partita Iva degli studi di
settore e dell’inasprimento delle pene connesse alle violazioni tributarie e
alla possibilità di procedere ad accertamento anche in caso di corretta
compilazione dello studio ma in presenza di un reddito imponibile dichiarato in
Unico superiore al 10% del reddito accertato in caso di diversa compilazione
dello studio.
Anche per quello
che concerne l’esecutività dell’accertamento viene abbandonata la previsione di
esecutività dopo l’iscrizione al ruolo in quanto l’atto di accertamento diviene
esecutivo subito dopo i 60 giorni dalla notifica.
Oltre a questo
c’è sempre da ricordare anche due altri importanti strumenti di raccolta di
tutte le informazioni disponibili sui comportamenti del contribuente: lo
spesometro, ossia la comunicazione delle operazioni di importo superiore ai 3
mila euro o 3.600 euro, e la riduzione all’utilizzo del contante che scende la
cui soglia di tracciabilità del contante scende al di sotto dei mille euro.
Vi riporto
inoltre il testo di una sentenza (n. 21132 del 13 ottobre 2011 del 7 luglio
2011, Corte di cassazione, sezione tributaria – Pres. Bognanni, Rel. Botta in
materia di iva in cui si chiarisce che in tema di Iva, l’utilizzazione dei dati
acquisiti presso le aziende di credito, ai sensi del Dpr n. 633 del 1972, art.
51, comma 2, n. 2, non è subordinata alla prova che il contribuente eserciti
attività d’impresa (o di lavoro autonomo): infatti, se non viene contestata la
legittimità dell’acquisizione dei dati risultanti dai conti correnti bancari, i
medesimi possono essere utilizzati sia per dimostrare l’esistenza di
un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione) sia per
quantificare il reddito ricavato da tale attività, incombendo al contribuente
l’onere di dimostrare che i movimenti bancari che non trovano giustificazione
sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti” (Cass. n.
9573 del 2007). La medesima presunzione opera per le imposte dirette ai sensi
dell’art. 32, comma primo, n. 7) del Dpr 29 settembre 1973, n. 600.
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