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Vendite su portali online come attività d’impresa

In relazione al numero e alla frequenza delle transazioni, l’Agenzia (con giurisprudenza concorde) potrebbe ricostruire il reddito d’impresa
Ogni soggetto può avvalersi dei servizi offerti dai portali web per mezzo dei quali è possibile acquistare e vendere prodotti online. La diffusione di tali pratiche non è passata indifferente all’Agenzia delle Entrate in considerazione della semplicità delle procedure di scambio e dell’elevato numero di transazioni che è possibile concludere.
Premesso, in linea generale, che i proventi di tali vendite online sono rilevanti ai fini fiscali, gli stessi possono essere considerati dal punto di vista reddituale come redditi d’impresa o redditi diversi. Di seguito si delineano i tratti principali di tali tipologie reddituali.
 
In linea generale, ai sensi dell’art. 55 del TUIR, sono redditi d’impresa quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali, per tale intendendosi l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, delle attività di cui all’art. 2195 c.c. (tra cui è contemplata l’intermediazione nella circolazione dei beni) e di cui all’art. 32 comma 2 lettere b) e c) del TUIR (che eccedono i limiti ivi stabiliti), anche se non organizzate in forma d’impresa. Al riguardo:
-          la professionalità ricorre quando sia posta in essere una pluralità di atti coordinati tra di loro finalizzati a un identico scopo;
-          è caratterizzata dall’abitualità l’attività posta in essere con regolarità, stabilità e sistematicità dei comportamenti.
Sono, inoltre, considerati redditi d’impresa quelli derivanti dall’esercizio di attività organizzate in forma d’impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’art. 2195 c.c..
Costituiscono, invece, redditi diversi quelli derivanti, tra l’altro, dall’esercizio di attività commerciali non esercitate abitualmente, per tali intendendosi quelle svolte in modo saltuario, con un numero di prestazioni limitate nell’anno. A titolo esemplificativo, sono state considerate tali la distribuzione e consegna di guide telefoniche (ris. Agenzia delle Entrate n. 21 del 2004), il procacciamento di singoli affari e la vendita occasionale di prodotti attraverso la tecnica della vendita diretta (R.M. n. 8/906 del 1976).
Senza parametri precisi, necessaria una valutazione caso per caso
In merito alla caratteristica dell’occasionalità, va fatto presente che non esistono parametri normativi che indichino l’importo massimo del corrispettivo tale da definire occasionale o meno l’attività, così come non è contemplato il numero di prestazioni svolte in un periodo di imposta entro cui è configurabile un’attività occasionale. Pertanto, diventa necessaria una valutazione caso per caso.
Del tema si è interessata la C.T. Prov. di Firenze con le sentenze n. 56 del 2011 e n. 3 del 2012. In entrambi i casi, il contenzioso riguardava il recupero di imposte dirette, IVA e IRAP in relazione ai proventi dell’attività d’intermediazione nella circolazione di beni effettuata sul portale e-Bay, attività qualificata abituale e, quindi, d’impresa dall’Agenzia delle Entrate.
 
Nella prima pronuncia, i giudici concordarono con la ricostruzione dell’Agenzia, anche in considerazione della progressione numerica di transazioni commerciali concluse dal contribuente nel corso degli anni accertati (fino a circa 600 l’anno).
La seconda pronuncia, pur accogliendo il ricorso del contribuente per vizi dell’avviso di accertamento (carenza di motivazione in quanto non erano stati allegati o riprodotti i dati acquisiti direttamente dal portale web che avevano consentito la ricostruzione dei corrispettivi delle transazioni), ha comunque affermato che, in linea di principio, “l’attività di intermediazione svolta con e-Bay è qualificabile come reddito d’impresa e solo nel caso di prestazioni occasionali, come definite al comma 2 dell’art. 61 del D.P.R. n. 276 del 2003, i compensi percepiti rientrano nella categoria dei redditi diversi ex art. 67 del TUIR”.
 
Da ultimo, è opportuno precisare che dovrebbero rimanere esclusi da tale analisi i proventi della vendita una tantum di beni personali che, generando un reddito non inquadrabile in una delle categorie previste dal TUIR, sono fiscalmente irrilevanti. Sul tema, si segnala la risoluzione 24 gennaio 2001 n. 5 con cui l’Agenzia delle Entrate ha escluso la natura commerciale dei proventi che un’associazione senza scopo di lucro aveva conseguito dalla vendita all’asta di opere ricevute a titolo di liberalità; ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, la vendita in oggetto non costituisce attività commerciale (e, come tale, non è imponibile), dal momento che in essa non è rinvenibile “l’elemento dell’intermediazione nello scambio dei beni ma una semplice operazione di dismissione patrimoniale”.
Autore PaolaRivetti per EutekneInfo - http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_411686.aspx

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