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Il «redditometro» ha le ore contate

È abuso del diritto l’applicazione automatica del «redditometro»

Per i giudici torinesi, le spese presunte dai decreti del 1992 non sono coerenti con la capacità contributiva

I giudici della C.T. Prov. di Torino, con la sentenza n. 39/4/13, depositata lo scorso 18 marzo, si ergono a veri e propri “paladini della contribuente” in un caso relativo all’applicazione del “vecchio” redditometro.
Il caso è oramai noto: sulla base del possesso di determinati beni come immobili e auto, in ottemperanza a quanto prevede il decreto del 1992, attuativo dell’art. 38 del DPR 600/73, il Fisco può ricostruire l’imponibile del contribuente se tra dichiarato ed accertato vi è uno scostamento di un quarto, per almeno due annualità.

L’irrazionalità e la pesante menomazione, sia della capacità contributiva sia della difesa dei diritti del contribuente, risiede nel fatto che, secondo l’impostazione del Fisco (ma anche di varie sentenze della Cassazione, peraltro non allineate con pronunce più recenti, come la n. 13289 del 2011), una volta che le spese sono imputate (si badi bene, imputate e non sostenute) la loro entità non può essere sindacata, in quanto l’oggetto della prova contraria può essere il solo possesso di redditi esenti, soggetti a imposizione alla fonte o a imposta sostitutiva.
In breve, o si hanno redditi già tassati o esenti che giustificano il fatto non di aver sostenuto spese incompatibili con il dichiarato, ma di essere stati inclusi in un perverso sistema di imputazione presunta delle spese, basato sul possesso di beni di largo consumo come una vecchia automobile, oppure l’accertamento è di per sé fondato.

A tale prassi ha posto un freno la sentenza in commento, che, con affermazioni coerenti con uno Stato di diritto, ha sostenuto, in sostanza, che:
- di fronte alla ricostruzione sintetica del reddito il contribuente, seguendo la tesi erariale, dovrebbe fornire una probatio diabolica, quindi egli “non può che chiedere la disapplicazione dello strumento che ricostruisce, acriticamente e statisticamente un reddito che nulla ha a che fare con le effettive spese sostenute dal contribuente”;
- “i valori assunti nel DM sono rigidi e calcolati in modo statistico, mentre quelli che attengono alle singole specie vissute dai contribuenti sono doverosamente flessibili, caso per caso”;

- l’applicazione automatica dello strumento sintetico esprime un abuso del diritto, in quanto impone di applicare coefficienti e tabelle completamente sganciati dalla realtà.

Un altro punto in più per la tesi della presunzione semplice

Nella specie, come più volte abbiamo rilevato in precedenti articoli, una macchina acquistata con un esborso di poco più di 8.000 euro, che comporta spese annue per circa 400 euro, imputa spese presunte per più di 28.000 euro (anche se, per avere dati più precisi sul calcolo, sarebbe necessario visionare direttamente l’accertamento).
Il richiamo all’abuso del diritto non deve passare inosservato. Infatti, in nessuna norma è scritto, nè è ricavabile in via interpretativa, che detto principio sia posto a favore del solo ufficio tributario, quindi è da accogliere con favore l’affermazione dei giudici.
Certo, se un contribuente ha chiaramente un elevato tenore di vita e, nel contempo, dichiara redditi irrisori, il tutto cambia, ma di fronte ad accertamenti del genere, ove mediante il possesso di un’auto non di lusso si imputano 28.000 euro di spesa, è pertinente il richiamo all’abuso del diritto e, oltre alla condanna alle spese, vi sarebbe altresì spazio o per la condanna ad una somma equitativamente determinata o, in casi limite, al danno da lite temeraria.

Tra l’altro, i giudici hanno richiamato sia la recente sentenza Cass. n. 23554/2012, che ha fatto propria la tesi della presunzione semplice, sia un intervento del Presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sull’Anagrafe tributaria, Maurizio Leo, il quale ha sostenuto che “si va nella direzione di diminuire il peso degli elementi statistici a fronte di una diversità multiforme di contribuenti, per meglio verificare la realtà concreta afferente la capacità contributiva”.

Fonte: Eutekne!

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