La
Provinciale di Brescia ha dichiarato manifestatamente infondata l’illegittimità
costituzionale dell’imposta
L’IMU
non è un’imposta incostituzionale. Lo ha stabilito, per la prima
volta a quanto ci consta, la Commissione tributaria provinciale di Brescia,
che, con sentenza n. 28/05/13, depositata il 5 aprile 2013, ha respinto il
ricorso proposto da un contribuente bresciano dichiarando manifestamente infondata
la questione di illegittimità costituzionale.
Con
ricorso depositato il 6 febbraio 2013, il contribuente avevaimpugnato il
rifiuto espresso opposto dal Comune competente alla richiesta di restituzione
dell’IMU corrisposta per la prima annualità (2012).
Il
ricorrente, verosimilmente influenzato dal giudizio espresso dall’Unione
europea nel rapporto su occupazione e sviluppi sociali – secondo cui l’IMU va
modificata e resa più equa per avere un effetto redistributivo – e
soprattutto dalle voci circolate in clima di campagna elettorale
sulla non legittimità costituzionale dell’IMU, ha sostenuto la presunta
incostituzionalità del nuovo balzello per violazione degli artt. 3 (uguaglianza
e ragionevolezza), 47 (tutela del risparmio e accesso alla proprietà
dell’abitazione) e 53 (capacità contributiva) Cost.
Dal
canto suo, l’ente locale, nel costituirsi in giudizio, ha naturalmente
contestato le argomentazioni del contribuente ritenendo, invece, legittimo il
provvedimento di diniego di rimborso dell’IMU per il 2012. Secondo
l’ente impositore, la richiesta di restituzione non può essere accolta, poiché
non v’è “alcuna sentenza che attesti la contrarietà dell’imposta ai dettami
costituzionali”. Peraltro, aggiunge l’Amministrazione comunale, le motivazioni
indicate nella richiesta di rimborso, in ordine a eventuali vizi di
incostituzionalità dell’IMU, non possono essere esaminate perché
esulano dalle “competenze comunali”.
La
Commissione tributaria bresciana ha condiviso la tesi dell’ente locale secondo
cui nessun rimborso potrà essere disposto da alcun Comune senza un
esplicito intervento della Corte Costituzionale in tal senso. Di
conseguenza, il provvedimento di diniego di rimborso dell’IMU è stato ritenuto
fondato e legittimo e il ricorrente, quale parte processuale soccombente, è
stato condannato al pagamento delle spese del giudizio.
Dalla
concisa esposizione dello svolgimento del processo, sembra che il contribuente
si sia ispirato al pensiero espresso da uno dei fondatori dell’IMU “a regime”
(artt. 8 e 9 del DLgs. n. 23/2011), secondo cui il nuovo tributo, cioè l’IMU
“sperimentale” istituita e disciplinata dal governo Monti con l’art. 13 del
DL n. 201/2011 (conv. L. n. 214/2011), crea diseguaglianza tra i
cittadini, viola la capacità contributiva e non è un’imposta
sulla proprietà, ma contro la proprietà.
Si
ricorda, infatti, che, nei mesi scorsi, l’ex Ministro dell’Economia, Giulio
Tremonti, non solo ha affermato che, in sostanza, l’IMU di Monti viola gli
artt. 3, 47 e 53 Cost., per cui il rimborso può essere richiesto da
un cittadino singolo o in class action, ma, sul proprio sito, ha
anche messo a disposizione dei soggetti interessati i moduli per la richiesta
di rimborso, oltre a indicare il percorso da seguire per riavere l’imposta
indebitamente versata.
Il primo step sarebbe la presentazione della richiesta di rimborso entro il termine decadenziale di cinque anni dal giorno del versamento (art. 1, comma 164 della L. n. 296/2006).
Il primo step sarebbe la presentazione della richiesta di rimborso entro il termine decadenziale di cinque anni dal giorno del versamento (art. 1, comma 164 della L. n. 296/2006).
In
caso di rifiuto espresso o tacito della richiesta di rimborso, si passa al
secondo step, con la proposizione del ricorso alla C.T. Prov.
competente, entro il termine perentorio di 60 giorni dal provvedimento di
diniego o di dieci anni (decadenza decennale), con decorrenza dopo 90 giorni
dalla presentazione della richiesta di rimborso (la norma prevede, però, il
rimborso entro 180 giorni dalla data di presentazione della richiesta), contro
il rifiuto tacito dell’amministrazione comunale (cosiddetto “silenzio-rifiuto”).
Il
terzo e ultimo step sarebbe la trasmissione degli atti, da parte
della Commissione tributaria adita, alla Corte Costituzionale. È
sufficiente – così uno dei padri fondatori dell’imposta “a regime” – che la
Consulta dia ragione a un contribuente per rendere il rimborso dell’IMU alla
portata di tutti.
Evidentemente,
nel primo processo qualcosa è andato storto, visto che la Commissione bresciana
adita non ha trasmesso gli atti ai giudici delle leggi. È probabile che le argomentazioni
giuridiche sostenute dal ricorrente siano state così generiche da
ritenere il ricorso infondato. D’altro canto, da quel che emerge dalla sentenza
in rassegna, anche la Commissione non si è soffermata sui motivi che hanno
condotto a dichiarare la questione di illegittimità costituzionale
dell’IMU “manifestamente infondata”.
Di
certo non è andata meglio a un gruppo di soggetti, tra cui una nota
associazione di difesa dei diritti dei consumatori, che avevano proposto un ricorso
amministrativo per l’annullamento di alcuni documenti operativi dell’IMU
(provvedimento direttoriale 12 aprile 2012 prot. n. 2012/53909, regolamenti
comunali), dichiarato “inammissibile” dal TAR di Roma (sezione II) con
sentenza n. 2843 del 20 marzo 2013. Vedremo gli esiti degli altri ricorsi
tributari proposti, anche se chi scrive non nutre buone sensazioni.
Fonte: Eutekne! http://www.eutekne.info/Sezioni/Art_420379.aspx_
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