In
arrivo la riforma
della disciplina del codice civile in materia di falso in
bilancio.
Sanzioni fino a 8 anni
Il 1° aprile l’Assemblea del Senato ha
approvato il testo unificato in
materia di corruzione e falso in bilancio. Il provvedimento è ora all’esame
della Camera (A.C
3008).
Le
disposizioni in corso di approvazione sono volte contrastare la corruzione
attraverso una serie di misure che vanno dall’adeguamento delle sanzioni penali,
comprese quelle accessorie, alla riformulazione di alcuni reati, come
quelli che puniscono il falso in bilancio, per delimitare la eventuale area di
non punibilità.
Il
provvedimento, composto di 12 articoli si suddivide
sostanzialmente in due parti: la prima riguarda i reati contro la pubblica
amministrazione e disposizioni sempre relative a tali reati, la seconda
parte invece ha per oggetto i delitti di false comunicazioni sociali.
Come si è
detto, la seconda parte del provvedimento detta disposizioni penali in materia
societaria (artt. da 9 a 12). Gli articoli 9, 10 e 11 del provvedimento riformano
la disciplina del codice civile in materia di falso in
bilancio.
La
connessione con la prima parte del provvedimento è nel rapporto di
propedeuticità tra la falsificazione dei bilanci al fine di creare “provviste in
nero” ed il fenomeno corruttivo. Il testo già approvato dal Senato,
che è il risultato dell’approvazione di un emendamento del Governo, supera
questa situazione di sostanziale depenalizzazione facendo cadere le soglie di
non punibilità, prevedendo sempre, salvo un caso particolare, la
perseguibilità d’ufficio, profilando un doppio binario di
sanzioni legato al volume d’affari della società e parificando le società
quotate ad altre società che pur non essendo quotate hanno medesima rilevanza
economica.
La scelta di
fondo fatta nel testo, come risulta dai lavori preparatori del Senato, è quella
di considerare che i delitti di falso hanno una struttura
unitaria e che il falso in bilancio non è altro che una ipotesi
particolare di manifestazione dei reati di falso. Si tratta di un
reato proprio, estendibile a soggetti diversi da quelli previsti come soggetti
attivi attraverso il meccanismo del concorso di persone, caratterizzato dal dolo
specifico («al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto
profitto») e dal fatto che le informazioni e le
comunicazioni sociali oggetto del reato sono solo quelle tipicamente «previste
dalla legge», nel rispetto del principio costituzionale di
determinatezza. Oggetto di esposizione falsa o di omessa esposizione
sono solo i «fatti materiali rilevanti», affinché sia
rispettato anche un altro principio costituzionale: l’offensività del
reato. I fatti inoffensivi sono irrilevanti.
Significatività
e rilevanza dei fatti economici ai fini della loro presentazione in
bilancio
A
tal proposito si ricorda che il principio contabile n.
11 che si occupa di finalità e postulati del
bilancio d’esercizio. nel paragrafo dedicato alla “Significatività
e rilevanza dei fatti economici ai fini della loro presentazione in bilancio”
statuisce che “Il
bilancio d’esercizio deve esporre solo quelle informazioni che
hanno un effetto significativo e rilevante sui dati di bilancio o
sul processo decisionale dei destinatari. Il principio di significatività trova
anche riscontro in numerose norme relative alla redazione e al contenuto del
bilancio.
Il procedimento
di formazione del bilancio implica delle stime o previsioni. Pertanto, la
correttezza dei dati di bilancio non si riferisce soltanto all’esattezza
aritmetica, bensì alla correttezza economica, alla ragionevolezza, cioè al
risultato attendibile che viene ottenuto dall’applicazione oculata ed onesta dei
procedimenti di valutazione adottati nella stesura del bilancio
d'esercizio.
Errori,
semplificazioni e arrotondamenti sono
tecnicamente inevitabili e trovano il loro limite nel concetto di
rilevanza; essi cioè non
devono essere di portata tale da avere un effetto rilevante sui dati di bilancio
e sul loro significato per i destinatari.”
Non oggetto di revisione da parte dell’Organismo Italiano di Contabilità
(OIC) perchè attesa del recepimento della
direttiva 2013/34/UE in materia di informativa di bilancio per le società di
capitali non soggette all’applicazione dei principi contabili internazionali
IAS/IFRS.
Sempre in
relazione al principio di offensività occorre tenere conto che il Senato si è
fatto carico della concomitante riforma della tenuità del fatto da un lato si è
prevista, salvo per le società quotate e parificate, una circostanza attenuante
e, dall’altro, si è fatta una specificazione, anche in questo caso con
l’esclusione delle le società quotate e parificate, sui criteri che il giudice
deve valutare per applicare l’istituto della non punibilità per particolare
tenuità, di cui all’articolo 131-bis
del codice penale, stabilendo che il criterio
«prevalente» da valutare debba
essere quello dell’entità del danno cagionato a società, soci o creditori.
La struttura
è, quindi, la seguente:
·
l’ipotesi
generale prevista dall’articolo 2621;
·
la
circostanza attenuante della lieve entità prevista dal primo comma dell’articolo
2621-bis;
·
la
previsione, nel successivo comma, di una presunzione ex
lege di lieve entità per tutti quei fatti relativi alle società di
cui al comma 2 dell’articolo 1 del regio decreto n. 267 del 1942,
(la legge fallimentare), qualora quelle società ricadano entro determinati
limiti quantitativi legati all’attivo patrimoniale di ammontare complessivo
annuo, ai ricavi lordi ed all’ammontare di debiti (in questi
casi il reato è perseguibile a querela);
·
una speciale
ipotesi di particolare tenuità del fatto prevista dal nuovo l’articolo
2621-ter che privilegia il dato
relativo all’entità del danno rispetto agli altri parametri individuati
dall’articolo 131-bis del codice
penale, che già caratterizzano per l’appunto quella speciale tenuità di cui
all’articolo 131-bis del nostro
codice penale.
In estrema
sintesi, in base ai “nuovi” articoli 2621, 2621-bis
e
2621-ter
c.c., all’esame della
Camera, in presenza di condotte concretamente idonee a indurre altri in errore
nelle comunicazioni sociali relative a società non quotate, si
potrà avere:
a)
l’applicazione della pena della reclusione da uno a cinque anni;
b)
l’applicazione della pena da sei mesi a tre anni se, in presenza delle citate
condotte, i fatti sono di lieve entità, tenuto conto di una serie di elementi
oppure per le società di minori proporzioni;
c) la non
punibilità per particolare tenuità in base alla valutazione del giudice,
prevalentemente incentrata sull’entità del danno.
Questa
struttura complessa non è stata riprodotta per le società quotate e parificate,
che sono oggetto dell’articolo 2622
del codice civile anch’esso interamente sostituito. In questo
ambito vi rientrano quelle società che operano all’interno di mercati
regolamentati, ovvero che si trovano in una delle quattro situazioni ritenute
equivalenti dal secondo comma dell’articolo 2622. Si tratta di falsità che
determinano un danno maggiore rispetto a quello relativo alle società che
rientrano nell’ambito dell’articolo 2621, per cui si prevede una sanzione più
grave (da tre a otto anni, anziché da uno a cinque anni) e l’inapplicabilità
delle ipotesi previste dagli articoli 2621-bis e 2622-ter sui fatti di lieve entità e di
particolare tenuità.
Vediamo più nel dettaglio come si articola
la nuova disciplina.
Il
nuovo articolo 2621 del codice civile
L’articolo 9
del disegno di legge, come detto già approvato dal Senato,
riscrive l’articolo 2621 del codice civile – la cui rubrica rimane
inalterata – sul falso in bilancio in società non quotate. Prevede che
le «false comunicazioni
sociali», attualmente
sanzionate come contravvenzione, tornino ad essere un delitto, punito con la
pena della reclusione da 1 a 5 anni.
La vigente
normativa del codice civile distingue tra la
fattispecie base di natura contravvenzionale di cui all’art. 2621
(costruita come reato di pericolo) e quella di natura
delittuosa di cui al successivo art. 2622, che sanziona il danno
effettivo subito dalla società, dai soci o dai creditori in conseguenza del
falso in bilancio.
In entrambi i
casi di falso in bilancio la punibilità è,
attualmente, esclusa:
- nel caso in cui le falsità o omissioni delle
scritture contabili della società non alterino sensibilmente la situazione
economica, finanziaria o patrimoniale della società o del gruppo societario di
cui fa parte la società;
- nel caso in cui porti ad una variazione del
risultato di esercizio non superiore al 5 per cento, oppure una variazione del
patrimonio societario non superiore all’1 per cento.
Nel solo caso
di falso in bilancio di cui all’art. 2622, la punibilità è comunque esclusa ove le stime successive
alla dichiarazione differiscano meno del 10 per cento rispetto alle stima
corretta.
Nulla cambia
in relazione ai soggetti in capo ai quali la responsabilità è ascritta (amministratori, direttori generali, dirigenti addetti
alla predisposizione delle scritture contabili, sindaci e
liquidatori). Nel nuovo articolo 2621 del codice civile, la condotta
illecita consiste nell’esporre consapevolmente fatti
materiali rilevanti non rispondenti al vero od omettere consapevolmente fatti
materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge
sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del
gruppo al quale essa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in
errore; per il reato è confermata la procedibilità d’ufficio.
Oltre al
passaggio da contravvenzione a delitto, i principali elementi di novità del
nuovo reato falso in bilancio di cui articolo 2621 del codice civile sono i
seguenti:
· scompaiono
le soglie di non punibilità (previste
dal terzo e quarto comma dell’articolo 2621 nel testo attualmente vigente);
·
è modificato
il riferimento al dolo (in particolare, permane il fine del
conseguimento per sé o per altri di un ingiusto profitto, ma viene meno
«l’intenzione di ingannare i soci o il
pubblico» mentre è esplicitamente introdotto nel testo il riferimento alla
consapevolezza delle falsità esposte);
·
è eliminato
il riferimento all’omissione di «informazioni» sostituito da quello
all’omissione di «fatti materiali rilevanti» (la cui
comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o
finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene);
·
è introdotto
l’elemento oggettivo ulteriore della concreta idoneità
dell’azione o omissione ad indurre altri in errore.
Codice
civile
Art.
2621
False
comunicazioni sociali
Normativa
vigente
|
Codice
civile
Art.
2621
False
comunicazioni sociali
Con
le modiche Ddl A.C. 3008
|
Salvo quanto
previsto dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i
dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e
i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il
pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto
profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali
previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali
non rispondenti al vero ancorché oggetto di
valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione
è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria
della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre
in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l’arresto fino a due
anni.
|
Fuori dai
casi previsti dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i
dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e
i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto
profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali
dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali
rilevanti non rispondenti al vero
ovvero omettono fatti materiali rilevanti
la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione
economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la
stessa appartiene, in modo concretamente
idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.
|
La punibilità
è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o
amministrati dalla società per conto di terzi.
|
La stessa
pena si applica anche se le falsità o le
omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per
conto di terzi.
|
La punibilità
è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la
rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della
società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa
se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico
di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una
variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento.
|
Soppresso.
|
In ogni caso
il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che,
singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento
da quella corretta.
|
Soppresso.
|
Nei casi
previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono
irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l’interdizione
dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a
tre anni, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore,
direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili
societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di
rappresentanza della persona
giuridica o dell’impresa.
|
Soppresso.
|
Introduzione
degli articoli 2621-bis
e
2621-ter
del
codice civile
L’articolo 10
introduce nel codice civile due nuove disposizioni dopo l’articolo
2621: gli articoli 2621-bis (Fatti di lieve
entità) e 2621-ter (Non
punibilità per particolare tenuità). L’articolo 2621-bis del codice civile disciplina l’ipotesi
che il falso in bilancio di cui all’articolo 2621 sia costituito da fatti «di lieve
entità», salvo che costituiscano più grave reato. Tale
fattispecie, punita con la reclusione da sei mesi a tre anni (fatta salva
la non punibilità per particolare tenuità del fatto) viene
qualificata dal giudice tenendo conto della natura e delle dimensioni della
società e delle modalità o degli effetti della condotta.
In
particolare, l’articolo 2621-bis c.c. disciplina l’ipotesi
che il falso in
bilancio di cui all’art. 2621 sia costituito da fatti “di lieve entità”, salvo che costituiscano
più grave reato.
Tale
fattispecie, punita con la reclusione da sei mesi
a tre anni (fatta salva la non punibilità per particolare tenuità del
fatto, tenendo conto:
–
della natura
e delle dimensioni della società
–
delle
modalità o degli effetti della condotta
Analoga
sanzione si applica in base al secondo comma anche nel caso in cui le falsità o
le omissioni riguardano società che non superano i
parametri
dimensionali indicati dal
secondo comma dell’articolo 1 (Imprese soggette al
fallimento e al concordato preventivo) della legge
fallimentare (regio decreto
267/1942).
Si tratta,
quindi, di società
di piccole dimensioni:
a) con un attivo
patrimoniale di ammontare complessivo annuo non
superiore ad euro 300.000,00;
b) che hanno
realizzato, negli ultimi 3 esercizi, ricavi
lordi per un ammontare complessivo annuo non
superiore ad euro 200.000,00;
c) che hanno un
ammontare di debiti anche non scaduti non
superiore ad euro 500.000,00.
In tal caso,
il delitto
è procedibile a querela della società, dei soci,
dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione
sociale.
La sanzione
ridotta prevista dal secondo comma dell’art. 2621-bis per le specifiche tipologie di società
più piccole costituisce pertanto una presunzione assoluta, introdotta dalla
legge, circa la sussistenza del fatto di lieve entità e l’applicabilità della
relativa sanzione.
Il nuovo
articolo 2621-ter del codice
civile prevede che, ai fini della non punibilità prevista
dall’articolo 131-bis del codice penale per particolare
tenuità dell’illecito (disposizione introdotta dal recente D.Lgs. 16
marzo 2015, n. 28), il giudice valuta,
in modo prevalente, l’entità dell’eventuale danno cagionato alla società, ai
soci o ai creditori dal falso in bilancio di cui agli artt. 2621 e 2621-bis.
Si ricorda
che l’art.
131-bis
c.p.
(Esclusione
della punibilità per particolare tenuità del fatto) prevede
(primo comma) che nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non
superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta
alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della
condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi
dell'articolo 133, primo comma (quindi in base: alla natura, alla specie, ai
mezzi, all'oggetto, al tempo, al luogo e ad ogni altra modalità dell'azione;
alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;
alla intensità del dolo o dal grado della colpa), l'offesa è di particolare
tenuità e il comportamento risulta non abituale.
Modifica
dell’articolo 2622 del codice civile
L’articolo 11
del disegno di legge sostituisce integralmente l’articolo 2622 del
codice civile, attualmente relativo alla «fattispecie
di false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei
creditori».
Tale
fattispecie viene sostituita dal delitto di «false
comunicazioni sociali delle società quotate» – individuate dal nuovo
primo comma, come le «società emittenti strumenti finanziari ammessi alla
negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese della
UE» – sanzionato con la pena della reclusione da tre a otto
anni.
Attualmente,
invece, l’articolo 2622 sanziona il falso in bilancio nelle società quotate con
la reclusione da uno a quattro anni.
L’aumento
di pena, nel massimo, da quattro ad otto anni previsto dalla nuova fattispecie
rende possibile nelle relative indagini l’uso delle
intercettazioni. Anche in
questo caso, i soggetti attivi del reato sono gli stessi di cui all’attuale
articolo 2622 ovvero amministratori, direttori generali, dirigenti addetti alla
predisposizione delle scritture contabili, sindaci e liquidatori, con la
differenza che qui si tratta di ruoli ricoperti in società quotate. La condotta
illecita per il falso in bilancio nelle società quotate consiste nell’esporre
consapevolmente fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettere fatti
materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione
economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa
appartiene in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore sulla
situazione economica della società.
I principali
elementi di novità del nuovo falso in bilancio delle società quotate di cui
articolo 2622, primo comma, del codice civile – che parzialmente coincidono con
quelli di cui all’articolo 2621 – sono i seguenti:
·
la fattispecie
è configurata come reato di pericolo anziché (come ora) di danno;
scompare, infatti, ogni riferimento al danno patrimoniale causato alla società;
le pene sono aumentate (reclusione da tre a otto anni, anziché da uno a quattro
anni);
·
scompaiono,
come nel falso in bilancio delle società non quotate, le soglie di non
punibilità (previste dai commi 4 ss. del vigente articolo 2622);
·
è modificato
il riferimento al dolo (permane il fine del conseguimento per sé o per altri di
un ingiusto profitto, ma viene meno «l’intenzione di ingannare i soci o il
pubblico» mentre è esplicitamente introdotto nel testo il riferimento
alla consapevolezza delle falsità esposte);
·
è eliminato
il riferimento all’omissione di «informazioni», sostituito da quello
all’omissione di «fatti materiali rilevanti» (la cui
comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o
finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene);
·
è introdotto
come nell’articolo 2621 l’elemento oggettivo ulteriore della «concreta» idoneità dell’azione o omissione
ad indurre altri in errore.
Il comma 2
del nuovo articolo 2622 c.c. equipara alle società quotate in Italia o in altri
mercati regolamentati dell’UE, ai fini dell’integrazione della
fattispecie penale di false comunicazioni sociali delle società quotate, le
seguenti tipologie societarie:
·
le società
emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di
ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro
Paese dell’Unione europea;
·
le società
emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema
multilaterale di negoziazione italiano;
·
le società
che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione
in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea;
·
le società
che fanno appello al pubblico risparmio (cd. Società aperte, che possono essere
anche non quotate ma le cui azioni sono diffuse in modo rilevante tra il
pubblico secondo i parametri sanciti dalla Consob) o che comunque lo gestiscono.
La
disciplina sanzionatoria, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 2622 del
codice civile, trova anche applicazione con riguardo alle falsità o omissioni
riguardanti beni posseduti o amministrati dalla società per conto di
terzi.
Codice
civile
Art.
2622
False comunicazioni
sociali
vi
Normativa
vigente
|
Codice
civile
Art.
2622
False
comunicazioni sociali
delle
società quotate vi
Con
le modiche Ddl A.C. 3008
008
|
Gli
amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei
documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e
al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei
bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al
pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero
omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta
dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società
o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i
destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale alla
società, ai soci o ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la
reclusione da sei mesi a tre anni.
|
Gli
amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei
documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla
negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione
europea, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un
ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni
sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali
non rispondenti al vero ovvero omettono fatti
materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla
situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al
quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la
pena della reclusione da tre a otto
anni.
|
Si procede a
querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorché aggravato, a danno del
patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso
in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.
|
Soppresso.
|
Nel caso di
società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del
testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive
modificazioni, la pena per i fatti previsti al primo comma è da uno a
quattro anni e il delitto è procedibile d’ufficio.
|
Soppresso
|
|
Alle società
indicate nel comma precedente sono equiparate:
1) le società
emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di
ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro
Paese dell’Unione europea;
2) le società
emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema
multilaterale di negoziazione italiano;
3) le società
che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione
in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea;
4) le società che fanno appello al
pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono.
|
La pena è da
due a
sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo comma, il fatto cagiona un
grave nocumento ai risparmiatori.
|
Soppresso
|
Il nocumento
si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore
allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall’ultimo censimento ISTAT
ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di
entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno
lordo
|
Soppresso
|
La punibilità
per i fatti previsti dal primo e terzo comma è estesa anche al caso in cui le
informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di
terzi.
|
Le
disposizioni di cui ai commi precedenti
si applicano anche se le falsità o
le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società
per conto di terzi.
|
La punibilità
per i fatti previsti dal primo e terzo comma è esclusa se le falsità o le
omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione
economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa
appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni
determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle
imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non
superiore all’1 per cento.
|
Soppresso
|
In ogni caso
il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che,
singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento
da quella corretta.
|
Soppresso
|
Nei casi
previsti dai commi settimo e ottavo, ai soggetti di cui al primo comma sono
irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l’interdizione
dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a
tre anni, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore,
direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili
societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della
persona giuridica o dell’impresa.
|
Soppresso
|
Modifiche
alle disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti in relazione ai
reati societari
L’articolo 12
modifica l’articolo 25-ter del D. Lgs. 231 del 2001 (responsabilità amministrativa delle persone
giuridiche), il quale reca una disciplina dei criteri di
imputazione della responsabilità degli enti valevole per i reati
societari.
In
particolare, la lettera a) del
comma 1 dell’articolo modifica l’alinea del comma 1 dell’articolo 25-ter citato, intervenendo sui criteri
soggettivi di imputazione della responsabilità e che comporta l’applicazione di
sanzioni pecuniarie (per quote). La norma, nella formulazione vigente, limita
per i reati societari la cerchia dei possibili autori del fatto a soggetti che
ricoprono specifici ruoli nella compagine organizzativa dell’ente
(amministratori, direttori generali, liquidatori o persone sottoposte alla loro
vigilanza). Tale limitazione viene ora superata dalla soppressione
del riferimento ai citati ruoli di vertice.
La lettera
b) interviene sulla lettera
a) del comma 1 del citato
articolo 25- ter, da un lato, sostituendo
il riferimento al reato contravvenzionale con quello al «delitto di
false comunicazioni sociali» di cui all’articolo 2621 c.c.
e, dall’altro, elevando il limite massimo edittale della relativa sanzione
pecuniaria da trecento a quattrocento quote.
La lettera
c) introduce una ulteriore
lettera a-bis), al comma 1
dell’articolo 25-ter in
conseguenza dell’introduzione del nuovo articolo 2621-bis (falso in bilancio di lieve entità)
nel codice civile. In relazione a tale fattispecie la norma prevede la
sanzione pecuniaria da cento a duecento quote.
La lettera
d) del comma 1 dell’articolo 12
della Ddl sostituisce la lettera b)
dell’articolo 25-ter,
prevedendo per tale delitto la sanzione pecuniaria da quattrocento a
seicento quote (attualmente, la sanzione va da trecento a seicentosessanta
quote).
La lettera
e) del comma 1 dell’articolo 11
del Ddl abroga infine la lettera c) dell’articolo 25-ter citato che, a legislazione vigente,
prevede per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei
creditori nelle società quotate (articolo 2622, terzo comma, del codice civile),
la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote.
Fonte: Settimanale Finanza & Fisco n. 15/2015
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