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Associazioni: attività istituzionali e attività commerciali

Apertura della Partita IVA

Si distinguono a tal proposito i corrispettivi di natura istituzionale (per i quali non occorre che
l’Ente sia in possesso di partita IVA) da quelli di natura commerciale.

CORRISPETTIVI ISTITUZIONALI
per i quali è sufficiente essere in possesso del solo Codice Fiscale:
– Incasso di quote sociali (ovviamente corrisposte dai Soci);
– Incasso di quote attività/corsi (ovviamente corrisposte dai Soci);
– Incasso di erogazioni liberali/donazioni;
– Incasso derivante da raccolta pubblica di fondi.

Le fonti di introito di seguito analizzate sono da considerarsi tassative nel senso che solo ed esclusivamente esse sono capaci di produrre introiti “neutri” ai fini fiscali:
  • Quote associative: per quote associative s’intendono quelle somme conseguite dall’associazione per il riconoscimento della qualità di socio in capo al singolo. Rientrano, pertanto, sotto detta voce tutti gli importi che gli associati debbono versare per poter essere considerati “soci” dell’associazione. Tali somme vengono di regola versate annualmente e, in alcune associazioni, vanno sotto il nome di tesseramento.  (si veda in relazione al tema la Risoluzione n.108/E del 6/7/96)
  • Contributi a titolo di liberalità da parte di enti pubblici: Risulta necessario distinguere due ipotesi:
  1. contributi erogati a titolo di liberalità: sono ricomprese in tale voce tutte quelle somme che gli enti pubblici, territoriali e non,  erogano, non come corrispettivo di una prestazione  o di un servizio reso loro dall’associazione, ma semplicemente come contributo avente lo scopo di finanziare l’attività dell’associazione beneficiaria. Il contributo, essendo destinato al perseguimento di finalità istituzionali dell’associazione, non sarà assoggettato alla ritenuta del 4% prevista dall’art. 28 del D.P.R. n. 600/73 e non costituirà reddito imponibile per l’associazione
  2. contributi corrisposti da enti pubblici per lo svolgimento di attività aventi finalità sociali ed esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi, in regime di convenzionamento con l’ente: tali introiti, ai sensi dell’art. 143 TUIR, comma 3 lett.b) del Tuir, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ma sono gravati da Iva. Ricorre detta ipotesi quando, a puro titolo esemplificativo, l’associazione abbia stipulato convenzione con l’ente locale per l’organizzazione di attività ricreative per anziani.
  • Contributi da parte di privati, enti (società, associazioni ecc.) o persone fisiche; quando si parla di elargizioni da parte di privati, non si parla di prestazioni corrispettive quali possono essere quelle pubblicitarie, bensì di somme che il privato versa senza chiedere all’associazione alcuna controprestazione, cioè senza chiederle nulla in cambio.
  • Prestazioni di servizi effettuate, dietro corrispettivo specifico, nei confronti degli associati: Ai sensi dell’art. 148 del testo unico delle imposte sui redditi, come modificato dall’art. 5 del decreto 460, per le associazioni culturali, ricreative…non si considerano commerciali:
  1. Le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali” (ad es. ACLI, ARCI, ENDAS, ecc.). Rientrano in questa fattispecie i proventi versati all’associazione dai propri associati per fruire di servizi, specifici e conformi a quanto previsto nell’oggetto sociale dell’associazione, quali ad esempio l’uso delle sale, di attrezzature, o la partecipazione a corsi, ecc.
  2. le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati“. Nel caso in cui il circolo stampi e diffonda un periodico sociale destinato prevalentemente (e quindi non esclusivamente) agli associati, gli eventuali proventi legati a tali vendite rientrano tra le attività istituzionali. Si precisa che tale voce riguarda esclusivamente gli introiti derivanti dalla cessione del periodico all’associato e non quelli conseguiti dall’eventuale vendita di spazi pubblicitari, all’interno della rivista, ad aziende interessate.
  3. “Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3, comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991, n. 287, le cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’Interno, non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari e l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici, sempreché le predette attività siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali e siano effettuate nei confronti degli stessi soggetti indicati nel comma 3”. Da ciò consegue che, qualora il circolo sia affiliato ad un ente di promozione sociale riconosciuto dal Ministero dell’Interno (quale, a titolo puramente esemplificativo, Arci, Endas, Acli, Uisp, ecc), lo stesso potrà beneficiare della neutralità fiscale degli introiti derivanti dalla gestione del bar ovvero dall’organizzazione di soggiorni turistici.

Le agevolazioni di cui sopra si applicano a condizione che le associazioni interessate si conformino alle clausole previste dal comma 8 dell’art. 148, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata

CORRISPETTIVI COMMERCIALI
per i quali è indispensabile che l’Ente sia in possesso anche della Partita IVA:
– cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita (merchandising), ivi inclusi gli incassi di corrispettivi provenienti da soggetti terzi (e dunque non soci);
– erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
– gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
– incassi di affitti;
– gestione di spacci aziendali e di mense;
– somministrazione di alimenti e bevande (NON è vero che, se rivolta ai soci, detta attività ha connotazione istituzionale);
– prestazioni di trasporto e di deposito;
– organizzazioni di viaggi e di soggiorni turistici;
– prestazioni alberghiere e di alloggio;
– prestazione di servizi portuali ed aeroportuali;
– telecomunicazioni e radiodiffusioni;
– pubblicità e sponsorizzazioni.

Se l’elencazione dei proventi c.d. “istituzionali” di un ente su base associativa deve ritenersi di natura tassativa, l’analisi di quelli c.d. “commerciali” ha carattere meramente esemplificativo. In altre parole si potrebbe anche affermare che ogni provento conseguito da un ente non commerciale, di qualsivoglia natura, che non rientra tra quelli istituzionali, rientra tra quelli commerciali, ad eccezione di quelli descritti dall’art. 143 del Tuir.

Descriveremo, pertanto, soltanto i proventi di natura commerciale maggiormente tipizzati nella realtà associativa o che presentino peculiarità particolari:
1. Somministrazione di pasti.
La somministrazione di pasti, intendendosi come tali cibi che con la cottura mutano le proprie caratteristiche organolettiche, ove il servizio sia gestito direttamente dall’associazione, risulta essere comunque di natura commerciale anche se i commensali siano esclusivamente soci dell’associazione medesima.
2. Cessione di prodotti nuovi acquistati per la rivendita.
Si ha tale fattispecie ogni qualvolta il sodalizio acquisti indumenti, attrezzi e quant’altro e, tenendoli in magazzino, li rivenda agli associati che ne facciano richiesta. Tale attività è comunque di natura commerciale anche se il prezzo di vendita sia uguale o inferiore a quello di acquisto. Eccezione è data dal c.d. gruppo di acquisto, ossia un gruppo di soci decidono di acquistare insieme un certo bene e questo avviene tramite la associazione. La differenza tra la prima e la seconda fattispecie è data dal fatto che nella prima si realizza una specie di “magazzino” cosa che, invece, non accade nel secondo caso. Situazione analoga di commercialità si ha nel caso in cui sia il posto di ristoro a vendere prodotti per asporto quali, ad esempio, vini, panettoni ecc…
3. Organizzazione di gite e viaggi.
I corrispettivi legati alla organizzazione di gite o viaggi sono da ritenersi di natura commerciale, anche se versati da associati, salvo che per le attività turistiche conformi alle finalità istituzionali, poste in essere da associazioni aderenti ad un ente ricreativo nazionale riconosciuto dal Ministero dell’Interno. Va ricordato che tali attività dovranno essere indette con modalità conformi alle previsioni delle leggi sul turismo nazionali e regionali.
4. Organizzazione di manifestazioni con ingresso a pagamento.
L’organizzazione di manifestazioni culturali con ingresso a pagamento, intese come tali quelle in cui il pubblico, per accedere al luogo di svolgimento, è tenuto al versamento di un corrispettivo specifico, costituirà anch’essa attività commerciale.
5. Organizzazione di feste, stand gastronomici, manifestazioni di sorta.
L’organizzazione di tali attività, per le quali viene prevista una corresponsione di somme a fronte dei servizi o dei beni ceduti, rientra fra le attività previste da questo capo, fatti salvi i casi di raccolta fondi, decommercializzata ai sensi dell’art. 143 Tuir.
6. Pubblicità commerciale.
Rientrano sotto tale titolo tutti i proventi che l’associazione consegue per aver messo a disposizione di aziende spazi pubblicitari nell’ambito della propria attività. Vi rientrano, pertanto, le sponsorizzazioni sugli indumenti, i cartelloni collocati all’interno dell’impianto, la pubblicità su manifesti, giornalini sociali, dépliants e quant’altro fosse organizzato dall’associazione con la presenza di messaggi pubblicitari. La pubblicità è basata su un rapporto di dare e avere: l’azienda versa un corrispettivo economico in cambio del fatto che la associazione veicola il messaggio pubblicitario dell’azienda medesima nell’ambito della propria attività. Si ricorda che il corrispettivo di un accordo promo-pubblicitario, oltre che in denaro, può anche essere erogato in natura, senza che questo muti la natura del rapporto in esame.
7. Prestazioni di servizi a non soci o non tesserati alla medesima organizzazione nazionale di riferimento.
E’ importante ricordare che, in ogni caso, tutto ciò che l’associazione incassa da non soci, per servizi effettuati a loro favore, costituisce introito commerciale. Nel momento in cui la associazione conseguisse proventi di questa natura si dovrà porre il problema della disciplina dei medesimi ai fini IVA. Si ricorda, infatti, che il presupposto applicativo di tale tributo non è il medesimo previsto per l’imposizione diretta ma appare legato alla “abitualità” nel conseguimento del provento di natura commerciale.
Effettuata la distinzione sul piano dei proventi tra attività commerciale e non, occorrerà procedere ad analoga differenziazione anche sul piano dei costi.
Qui le difficoltà aumentano, in quanto il legislatore si limita a ritenere deducibili dall’attività commerciale esclusivamente quei proventi relativi ed inerenti all’attività medesima. L’identificazione degli stessi non sempre è facile e presenta margini di discrezionalità (e quindi di rischio, in caso di verifica) non sanabili tramite elementi oggettivi. L’unico riferimento utilizzabile è valutare se il costo sostenuto sia servito direttamente o indirettamente a produrre un ricavo di natura commerciale. Se la risposta sarà positiva tale costo andrà ad abbattere il reddito imponibile dell’attività commerciale (es. bibite vendute ai non soci), altrimenti sarà posto a fonte dei proventi di natura istituzionale (es: palloni per l’attività agonistica). Gli eventuali costi promiscui saranno deducibili in base al rapporto tra ricavi e proventi derivanti dall’esercizio delle attività commerciali e ricavi e proventi complessivi.



Dichiarazione dei redditi

Sono obbligate alla presentazione della dichiarazione dei redditi quelle associazioni che hanno aperto una partita IVA per poter esercitare attività commerciali connesse con gli scopi istituzionali dell’associazione stessa, ma anche per tutte le associazioni che, pur essendo in possesso del solo codice fiscale, hanno redditi fondiari o di capitale.

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