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Il regime fiscale degli omaggi - Imposte sui redditi, IRAP e IVA


La concessione di omaggi da parte delle imprese e degli esercenti arti e professioni rappresenta un fatto usuale, in special modo in occasione di festività e ricorrenze.

Di seguito si riepilogano i principali aspetti del regime fiscale di tali cessioni nell’ambito delle impo­ste sui redditi, dell’IRAP e dell’IVA.


2 imposte sui redditi e IRAP
Gli oneri sostenuti per la distribuzione di omaggi possono assumere diversa natura reddituale a seconda che il bene venga ceduto:
·       ai clienti;
·       ai dipendenti e ai soggetti fiscalmente assimilati (es. collaboratori coordinati e continuativi).
In linea generale, gli oneri sostenuti per omaggi distribuiti ai clienti sono deducibili:
·       interamente, se il valore unitario dei beni in omaggio destinati ad uno stesso soggetto non su­pera i 50,00 euro;
·       nell’esercizio di sostenimento della spesa nel rispetto dei limiti percentuali previsti dall’art. 108 co. 2 del TUIR, se il valore unitario dell’omaggio supera i 50,00 euro ovvero vengono da­ti in omag­­­­­gio prestazioni di servizi o titoli rappresentativi delle stesse (es. tessere per en­tra­re al cine­ma, carnet per centro benessere), in quanto rientrano tra le c.d. “spese di rappre­sen­tanza”.

Si evidenzia che, dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 7.10.2015 (quindi dal 2016 per i soggetti “solari”), sono state innalzate le soglie di deducibilità delle spese di rap­pre­sentanza; l’art. 9 del DLgs. 14.9.2015 n. 147 (c.d. “decreto internazionalizzazione”), infatti, ha modi­ficato l’art. 108 co. 2 del TUIR.
Sulla base della novellata disposizione, le spese di rappresentanza sono deducibili in misura pari:
·       all’1,5% (in luogo del precedente 1,3%) dei ricavi e altri proventi fino a 10 milioni di euro;
·       allo 0,6% (in luogo del precedente 0,5%) dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 10 mi­lio­ni di euro e fino a 50 milioni di euro;
·       allo 0,4% (in luogo del precedente 0,1%) dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente 50 mi­lioni di euro.

Tanto premesso, al fine di determinare il “valore unitario” dell’omaggio consegnato, occorre fare rife­rimento:
·       al regalo nel suo complesso (es. cesto natalizio), e non ai singoli beni che lo compongono;
·       al valore di mercato del bene.

Considerato che, prima delle modifiche apportate dal DLgs. 21.11.2014 n. 175 (c.d. “decreto sem­­pli­fi­cazioni fiscali”), l’IVA era indetraibile per gli omaggi di valore unitario superiore a 25,82 euro, la spesa sostenuta per l’acquisto di tali beni era integralmente deducibile soltanto ove l’imponi­bile IVA risultava pari a:
·       48,08 euro, se l’aliquota IVA era pari al 4%;
·       45,45 euro, se l’aliquota IVA era pari al 10%;
·       40,98 euro, se l’aliquota IVA era pari al 22%.

Tale problematica è venuta meno a seguito dell’innalzamento a 50,00 euro della soglia per la de­traibi­lità IVA degli omaggi, in vigore per gli acquisti effettuati dal 13.12.2014 (si veda il successivo
§ 3). Pertanto, ad esempio, l’acquisto di un bene-omaggio di valore unitario pari a 49,00 euro potrà es­se­re considerato integralmente deducibile ai fini delle imposte sul reddito, senza effettuare la sud­detta verifica.
Beni autoprodotti
Per i beni autoprodotti dall’impresa (beni alla cui ideazione, produzione e commercializzazione è diretta l’attività d’impresa che vengono prodotti dalla società o che sono commissionati a lavoranti e­sterni e acquistati dall’impresa per la successiva rivendita):
·       al fine di individuare le spese di rappresentanza da sottoporre al regime di deducibilità limi­tata, rileva il valore di mercato dell’omaggio;
·       una volta qualificata la spesa come di rappresentanza (se, quindi, il valore di mercato risulta superiore a 50,00 euro), ai fini del calcolo del limite di deducibilità concorre invece, per inte­ro, il costo di produzione effettivamente sostenuto dall’impresa, indipendentemente dal fatto che lo stesso sia inferiore o meno a 50,00 euro.

Ad esempio, nel caso in cui l’omaggio autoprodotto abbia un valore di mercato pari a 80,00 euro e un costo di produzione di 40,00 euro:
·       l’omaggio costituisce una spesa di rappresentanza da sottoporre alla verifica del limite di de­ducibilità (valore di mercato superiore al limite di 50,00 euro);
·       ai fini del calcolo del plafond di deducibilità rileva l’importo di 40,00 euro, vale a dire il costo di produzione effettivo.

Nel caso in cui il valore normale dell’omaggio autoprodotto sia inferiore o uguale a 50,00 euro, il co­sto effettivamente sostenuto per la produzione beneficia della deduzione integrale. Pertanto, ad esempio, qualora l’omaggio autoprodotto abbia un valore di mercato pari a 40,00 euro e un costo di produzione pari a 30,00 euro, l’omaggio è interamente deducibile per 30,00 euro.
2.2 OMAGGI Ai DIPENDENTI e ai soggetti assimilati
In linea generale, il costo sostenuto dal datore di lavoro per l’acquisto di beni da destinare in omag­­­­gio ai dipendenti e ai soggetti assimilati (es. collaboratori) è deducibile dal reddito d’impresa secon­do le norme relative ai costi per le prestazioni di lavoro.

Tale regola non si applica alle spese di istruzione, educazione, ricreazione, di assistenza sociale e di culto che sono deducibili dal reddito d’impresa nel limite del 5 per mille delle spese per presta­zio­ni di lavoro dipendente.
2.3 regime dei c.d. “contribuenti minimi”
Secondo la circ. Agenzia delle En­trate 13.7.2009 n. 34, le spese per omaggi acquistati nell’ambito del regime dei c.d. “contribuenti minimi”, di cui all’art. 27 del DL 98/2011, sono in­te­ramente deducibili nel periodo di sostenimento, ove relative a beni di valore pari o inferiore a 50,00 euro.
Nel caso in cui i beni superino tale valore limite, le relative spese sono deducibili quali spese di rap­­­presentanza, secondo i criteri previsti dal DM 19.11.2008.
Tuttavia, secondo le istruzioni alla compilazione del modello REDDITI PF 2018 le spese per omaggi possono essere portate in deduzione per l'intero importo pagato se inerenti all'esercizio dell'attività, senza quindi distinzione in base al valore.
2.4 regime forfetario
Non assumono alcuna rilevanza nella determinazione del reddito le spese per omaggi acquistati nel­l’ambito del regime forfetario, di cui alla L. 190/2014 (legge di stabilità 2015), in quanto, nel­l’am­bi­to di tale regime, il reddito imponibile è quantificato tramite l’applicazione del coefficiente di red­di­tività previsto per la specifica attività svolta all’ammontare dei ricavi o compensi percepiti nel pe­riodo d’imposta. Ciò significa che le spese eventualmente sostenute non sono deducibili analiti­ca­mente, essendo il loro ammontare predefinito nel coefficiente di redditività.

Non sono, quindi, in alcun modo estensibili le considerazioni sopra svolte con riferimento al regi­me dei c.d. “contribuenti minimi” ex DL 98/2011.
La legge Finanziaria 2008 ha abrogato la disposizione in base alla quale i proventi e gli oneri che con­corrono alla formazione della base imponibile IRAP dovevano essere assunti apportando ad essi le variazioni in aumento e in diminuzione previste ai fini delle imposte sui redditi.
Con riguardo alla determinazione della base imponibile IRAP per le società di capitali (srl, spa, sa­pa) e cooperative, le spese per omaggi sono deducibili per l’importo stanziato a Conto economico.
Per le società di persone commerciali (snc, sas e società ad esse equiparate) e gli imprenditori in­di­­­viduali, invece, gli omaggi non sono deducibili ai fini IRAP. Secondo le istruzioni ai modelli di di­chia­­­­ra­zione, peraltro, l’indeducibilità sarebbe limitata agli omaggi di importo superiore a 50,00 euro.
Con riguardo alla determinazione della base imponibile IRAP per le società di capitali (srl, spa, sa­pa) e cooperative, le spese per omaggi destinati ai dipendenti e ai soggetti assimilati (es. colla­bo­ratori) risultano deducibili, se sono funzionali all’attività di impresa e non assumono natura retributiva per il dipendente o il collaboratore (es. tute e/o scarpe da lavoro).

Se rientrano tra le spese per il personale dipendente, il relativo trattamento dipenderà dalla tipo­lo­gia di lavoratore beneficiario (si ricorda che, dal 2015, le spese per dipendenti a tempo inde­ter­mi­na­to sono integralmente deducibili).

Per le società di persone e gli imprenditori individuali, invece, gli omaggi ai dipendenti (o colla­bo­ra­tori) sono indeducibili ai fini IRAP, in quanto non compresi tra gli oneri rilevanti, salvo che siano de­stinati a lavoratori per i quali è stabilita la deducibilità dei relativi costi (es. dipendenti a tempo in­de­terminato).
Il costo dei beni oggetto di cessione gratuita od omaggio alla clientela è deducibile dal reddito del professionista a titolo di spesa di rappresentanza, nel limite dell’1% dei compensi percepiti nel pe­rio­­­do d’imposta.
Analogo trattamento è applicabile ai fini IRAP.
Per i professionisti, il costo sostenuto per l’acquisto di beni dati in omaggio ai propri dipendenti (o col­laboratori) non è specificamente disciplinato.
Il costo di tali omaggi dovrebbe essere integralmente deducibile dal reddito di lavoro autonomo pro­­fessionale, al pari di ogni altra spesa per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato sostenu­ta dal professionista, dal momento che le liberalità ai dipendenti non rientrano tra le spese di rap­pre­­sentanza, secondo la nozione fornita dal DM 19.11.2008 (applicabile anche al reddito di lavoro au­tonomo).
Ai fini IRAP, la riconduzione di tali oneri tra le spese per prestazioni di lavoro dovrebbe escluderne la deducibilità, salvo che essi:
·       risultino funzionali all’attività di lavoro autonomo e non assumano natura retributiva per il dipendente o il collaboratore;
·       oppure siano destinati a lavoratori per i quali è prevista la deducibilità dei relativi costi (es. dipendenti a tempo indeterminato).
3 iva
Le cessioni gratuite di beni ai clienti seguono la disciplina generale di imponibilità IVA, ad ecce­zione dei beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa, a prescindere dal regime di detra­zio­ne a mon­te, che dipende dal costo unitario dei beni dati in omaggio.
3.1 Beni rientranti nell’attività propria dell’impresa
Gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o commercio rientra nell’attività dell’impresa, non costituiscono spese di rappresentanza. Pertanto, l’IVA assolta all’atto dell’acquisto è detraibile senza limitazioni.
Ai fini della determinazione della base imponibile, il valore da prendere a riferimento, a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 7.7.2009 n. 88 (legge Comunitaria 2008), è il prezzo d’acquisto dei beni e non più il loro “valore normale”.
La rivalsa dell’IVA non è obbligatoria per le cessioni gratuite di beni.
In assenza di rivalsa, l’operazione può essere certificata, alternativamente:
·       emettendo, in un unico esemplare, un’autofattura con l’indicazione del prezzo di acquisto dei beni, dell’aliquota applicabile e della relativa imposta, specificando anche che trattasi di “au­to­­fat­tura per omaggi”. Tale documento, che deve essere annotato sul registro IVA delle ven­dite, può essere emesso singolarmente per ciascuna cessione, ovvero mensilmente per tut­te le cessioni effettuate nel mese;
·       annotando, su un apposito “registro degli omaggi”, l’ammontare globale dei prezzi di acqui­sto dei beni ceduti gratuitamente, riferito alle cessioni effettuate in ciascun giorno, distinte per aliquota.

L’IVA non addebitata in rivalsa è indeducibile ai fini delle imposte sui redditi.

Dall’1.1.2019 anche le autofatture per omaggi andranno emesse in modalità elettronica ai sensi dell’art. 1 co. 3 del DLgs. 127/2015.
3.1.2 Comunicazione dei dati delle fatture
Le cessioni gratuite di beni che formano oggetto dell’attività d’impresa, per le quali sussiste l’obbligo di emettere fattura (o autofattura) o comunque l’obbligo di annotazione nel registro degli omaggi, si ritiene debbano essere comu­­nicate all’Agenzia delle Entrate nell’ambito del c.d. “spesometro” di cui all’art. 21 del DL 78/2010.
Sono escluse da IVA le cessioni gratuite di campioni:
·       di modico valore;
·       appositamente contrassegnati, in maniera indelebile;
·       che avvengono “per promuovere il bene, al fine di migliorarne la conoscenza e la diffusione pres­so gli utilizzatori, attuali e potenziali”.
3.2 Beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa
Gli acquisti di beni destinati ad essere ceduti gratuitamente, la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa, costituiscono sempre spese di rappresentanza, indi­pen­­­­­­­de­ntemente dal costo unitario dei beni stessi.
Per i beni non rientranti nell’attività propria dell’impresa (non essendo di propria produzione o com­mercio), la cessione gratuita è sempre esclusa da IVA.
L’IVA relativa alle spese di rappresentanza, invece, è detraibile solo in relazione all’acquisto di beni di costo unitario non superiore a 50,00 euro (l’art. 30 del DLgs. 21.11.2014 n. 175, in vigore dal 13.12.2014, ha infatti previsto l’incremento da 25,82 a 50,00 euro della soglia per la detrai­bi­lità dell’IVA sugli omaggi, al fine di allineare il valore unitario per la detrazione IVA a quello previsto per la deducibilità ai fini delle imposte sui redditi).

Pertanto, l’IVA “a monte” è:
·       detraibile, se il valore unitario del bene non è superiore a 50,00 euro;
·       indetraibile, se il valore unitario del bene è superiore a 50,00 euro.
3.3 Omaggi ai dipendenti e ai soggetti assimilati
I beni acquistati per essere ceduti a titolo di omaggio ai propri dipendenti e ai soggetti assimilati (es. collaboratori) non sono inerenti all’attività d’impresa e non possono nemmeno essere qua­lifi­cati come spese di rappresentanza; di conseguenza, la relativa IVA è indetraibile, mentre la loro ces­sione gratuita è esclusa dal campo di applicazione dell’imposta.
Se gli omaggi sono rappresentati da beni oggetto dell’attività d’impresa, spetta la detrazione del­l’im­­posta, mentre la cessione gratuita è imponibile.
È ormai prassi diffusa concedere omaggi anche sotto forma di “buoni acquisto” (voucher), che con­­­sen­tono l’acquisto di beni/servizi negli esercizi convenzionati.

L’Agenzia delle Entrate ha esaminato la tematica esclusivamente con riferimento alla disciplina IVA, non fornendo alcun chiarimento in relazione al trattamento dei voucher ai fini delle imposte sui redditi.
4.1 TRATTAMENTO AI FINI iva
Si consideri il caso in cui una società organizzi, per conto delle aziende clienti, un servizio di ap­pal­to-somministrazione di beni e/o servizi attraverso l’emissione di voucher utilizzabili esclusiva­mente presso gli esercizi convenzionati da parte dei soggetti possessori dei buoni.
L’operazione si articola in quattro diversi rapporti:
·       rapporto tra società emittente ed esercizi convenzionati, regolato da un contratto di appalto­som­­mi­nistrazione, con il quale l’affiliato si impegna a somministrare i beni e/o servizi all’e­mit­­tente;
·       rapporto tra società emittente e azienda cliente, caratterizzato dalla cessione dei voucher ad un corrispettivo pari al valore nominale, comprensivo dell’IVA;
·       rapporto tra azienda cliente ed utilizzatore, caratterizzato dalla distribuzione gratuita dei vou­­­­cher ai beneficiari, i quali possono utilizzarli presso la rete degli affiliati;
·       rapporto tra utilizzatori ed affiliati, caratterizzato dalla presentazione dei voucher al fine di otte­nere il bene e/o servizio prescelto.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, i voucher non sono qualificabili come titoli rappresentativi di mer­ce, bensì come documenti di legittimazione che consentono l’identificazione del soggetto titolato all’acquisto di un bene o di un servizio.
La suddetta qualificazione dei voucher come semplici documenti di legittimazione implica l’irrile­van­­za ai fini IVA dei rapporti tra:
·       società emittente ed esercizi convenzionati;
·       società emittente e azienda cliente;
·       azienda cliente ed utilizzatori.

In tutti e tre i rapporti, infatti, la circolazione dei voucher non perfeziona una cessione di beni o una pre­stazione di servizi e la corresponsione del relativo valore nominale, laddove previsto, assume ca­rattere di mera movimentazione finanziaria.
È invece soggetto ad IVA il rapporto tra gli esercizi convenzionati e gli utilizzatori dei voucher, an­che se il prezzo da essi pagato è, in tutto o in parte, assolto attraverso la consegna dei buoni; di con­seguenza, l’esercizio commerciale deve emettere lo scontrino fiscale o la fattura assoggettan­do ad IVA l’intero prezzo dei beni/servizi, anche se, in tutto o in parte, pagato con buoni acquisto.
Nuova disciplina IVA per i voucher emessi dall’1.1.2019
Tuttavia, occorre tenere presente che la disciplina IVA applicabile all’emissione, al trasferimento e al riscatto dei voucher è stata riformata al fine di recepire le novità introdotte dalla direttiva 2016/1065/UE.
Nell’ambito della nuova disciplina, i voucher (o “buoni corrispettivo”) sono definiti come strumenti che contengono l’obbligo di essere accettati come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che riportano sul supporto utilizzato o sulla relativa documentazione le informazioni necessarie a individuare i beni o servizi da cedere o prestare o le identità dei potenziali cedenti o prestatori, ivi incluse le condizioni generali di utilizzo dei buoni medesimi. Inoltre, nella nuova disciplina, si distingue tra buoni “monouso” e buoni “multiuso” ai fini della corretta individuazione del momento di esigibilità dell’imposta.

Le disposizioni attuative della disciplina in argomento sono state approvate dal Consiglio dei Ministri in data 28.11.2018, e troveranno applicazione a partire dai buoni emessi successivamente al 31.12.2018.
4.2 Trattamento ai fini delle imposte dirette
Non è invece chiaro il trattamento dei voucher ai fini dell’imposizione diretta.
Nel caso in cui la qualificazione come semplici documenti di legittimazione operasse anche ai fini delle imposte sui redditi, il costo d’acquisto dei voucher potrebbe essere indeducibile, in quanto gli stessi non rientrano nella nozione di spese di rappresentanza fornita dal DM 19.11.2008.
Se il buono, invece, si qualificasse come titolo rappresentativo di un bene, non sembrerebbero sor­­­ge­re dubbi sulla relativa deducibilità.

Nel caso in cui i buoni acquisto siano concessi ai dipendenti, gli stessi costituiscono fringe benefit per i dipendenti per effetto del co. 3-bis dell’art. 51 del TUIR e i relativi costi rientrerebbero tra quelli deducibili per la società.

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