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Fattura con contributo integrativo per le prestazioni extraterritoriali


Maggiorazione dovuta quando il corrispettivo rientra nel volume d’affari, come accade da quest’anno per le operazioni non rilevanti in Italia

Da quest’anno, in fattura, deve essere applicato il contributo integrativo dovuto alla Cassa professionale di appartenenza anche se la prestazione resa non è territorialmente rilevante ai fini IVA in Italia. È una delle conseguenze dell’estensione dell’obbligo di fatturazione previsto dalla L. n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) per le operazioni extraterritoriali, siccome non sterilizzata in sede di determinazione del volume d’affari. Si riscontra, pertanto, una divergenza rispetto alla disciplina applicabile fino a tutto il 2012, posto che il previgente art. 20, comma 1 del DPR n. 633/1972 escludeva dal conteggio i servizi “generici” resi a committenti stabiliti in altri Paesi UE, vale a dire le uniche operazioni, oltre alle cessioni di cui all’art. 21, comma 6, lett. a), con obbligo di emissione della fattura benché non riconducibili al territorio nazionale.
Una delle principali novità in materia di fatturazione introdotte in recepimento della Direttiva n. 2010/45/UE è, come anticipato, l’ampliamento delle operazioni per le quali è prevista l’emissione della fattura. Il nuovo comma 6-bis dell’art. 21 del DPR n. 633/1972 si riferisce alle cessioni e prestazioni escluse da IVA ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies, in difetto cioè del presupposto territoriale, definito in funzione dei criteri convenzionalmente stabiliti in base alla natura dell’operazione e, dunque, anche quando il luogo di consumo effettivo del bene o servizio non sia il medesimo (cfr. Corte di Giustizia, causa C-377/08, punti 19 e 33).
L’obbligo di fatturazione è disciplinato distintamente a seconda del luogo di effettuazione dell’operazione, situato in altro Paese UE o al di fuori della UE. Mentre in quest’ultimo caso la norma non prevede alcuna limitazione tanto oggettiva quanto soggettiva, riferendosi, in via generale, alle “cessioni di beni e prestazioni di servizi che si considerano effettuate fuori dell’Unione europea”, per le operazioni effettuate all’interno della UE è invece richiesto:
- sul piano oggettivo, che la cessione o prestazione non abbia natura bancaria o assicurativa, dovendo essere diversa da quelle elencate nell’art. 10, comma 1, nn. da 1) a 4) e 9) del DPR n. 633/1972;
- sul piano soggettivo, che il destinatario del bene o servizio sia “un soggetto passivo che è debitore dell’imposta in un altro Stato membro dell’Unione europea”.
Per questa seconda tipologia di operazioni, di matrice intracomunitaria, la fattura non deve essere emessa quando, sotto il profilo soggettivo, il destinatario sia, alternativamente, un soggetto che non agisce nell’esercizio di un’attività economica oppure un soggetto passivo non stabilito nel Paese UE in cui la cessione o prestazione è territorialmente rilevante. È il caso, per esempio, della cessione, a favore di un’impresa francese, di un bene situato in Spagna senza movimentazione intracomunitaria del medesimo; in tale ipotesi, il cedente italiano, in quanto debitore d’imposta, è tenuto ad identificarsi in Spagna per adempiere all’obbligo impositivo.
Per le citate operazioni extraterritoriali di cui al comma 6-bis dell’art. 21, la fattura deve essere emessa entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione e con riferimento al mese di effettuazione. Siccome soggette a registrazione, tali operazioni concorrono inevitabilmente a formare il volume d’affari; tant’è che l’art. 20, comma 1 del DPR n. 633/1972 è stato riformulato escludendo la deroga prevista per i servizi “generici” resi a committenti stabiliti in altri Paesi UE.
Per i professionisti iscritti ad una Cassa professionale, il corrispettivo fatturato, ancorché non soggetto a IVA, deve essere maggiorato, a titolo di contribuzione integrativa, nella misura percentuale prevista dalla Cassa di previdenza e assistenza di appartenenza (es. 4% per i dottori commercialisti). I regolamenti che disciplinano il regime previdenziale delle varie categorie professionali prevedono, infatti, che gli iscritti all’albo sono tenuti ad applicare una maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi rientranti nel volume d’affari ai fini dell’IVA, da versare alla Cassa indipendentemente dall’effettiva riscossione.
In sintesi, il contributo integrativo non è dovuto se la prestazione extraterritoriale posta in essere non rientra nel volume d’affari perché esclusa dall’obbligo di emissione della fattura.
Esemplificando, la consulenza fiscale resa ad un soggetto passivo non stabilito in Italia è soggetta a fatturazione e, quindi, al contributo integrativo, così come la consulenza resa al privato extracomunitario. La perizia svolta da un ingegnere relativa ad un immobile, essendo territorialmente rilevante nel Paese di ubicazione del bene, non è soggetta a fatturazione e a contribuzione integrativa se l’immobile è situato in un Paese UE diverso da quello in cui è stabilito il committente soggetto passivo. L’obbligo, invece, sorge se l’immobile è ubicato al di fuori della UE indipendentemente dal luogo di stabilimento del committente e dal suo status (soggetto passivo o meno).

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