La
Suprema Corte ha ribadito l’esenzione, purché siano installate nella sede
dell’attività a cui si riferiscono e rispettino il limite dimensionale

Le insegne relative agli esercizi di
attività commerciali, che contraddistinguono la sede dell’impresa e non
superino la superficie complessiva di cinque metri quadrati, sono esenti
dall’imposta comunale sulla pubblicità. Lo ha riaffermato la
Cassazione che, con ordinanza n. 5337, depositata il 4 marzo 2013, ha rafforzato il
proprio orientamento, che ormai può ritenersi consolidato (per tutte,
Cass. nn. 8130 del 23 maggio 2012).

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un
avviso di accertamento relativo all’anno 2008, con il quale una concessionaria
milanese aveva preteso da una società della Provincia di Roma il pagamento
dell’imposta comunale sulla pubblicità, con riferimento alle insegne di
esercizio dell’attività svolta sul territorio piemontese. Le Commissioni
tributarie hanno accolto la tesi della società contribuente, secondo cui i presupposti
impositivi sono inesistenti. La sentenza n. 64/28/10 della
Commissione tributaria regionale di Torino è stata impugnata dinanzi alla
suprema Corte che, con la decisione in commento, ha respinto per infondatezza
le doglianze della società concessionaria.
Tutto nasce dalla disposizione contenuta nel comma 1-bis
dell’art. 17 del DLgs. n. 507/1993, come introdotta dalla lett. c) del comma 1
dell’art. 10 della L. n. 448/2001 (Finanziaria 2002), in forza della quale
l’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività
commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede
ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie
complessiva fino a cinque metri quadrati. I Comuni – così la medesima
disposizione – possono stabilire, con regolamento adottato ai sensi dell’art.
52 del DLgs. n. 446/1997, l’esenzione dal pagamento per le insegne di esercizio
aventi anche una superficie complessiva superiore a cinque metri
quadrati.
Lo stesso trattamento di favore è previsto dall’art.
2-bis, comma 1 del DL n. 13/2002 (conv. L. n. 75/2002), in tema di canone
per l’installazione di mezzi pubblicitari (CIMP), che ciascun
Comune può istituire e adottare in sostituzione dell’imposta comunale sulla
pubblicità (art. 62 del DLgs. n. 446/1997). Inoltre, il comma 6 del medesimo
art. 2-bis del DL n. 13/2002, con disposizione avente natura
interpretativa, ha definito “insegna di esercizio” la scritta di cui
all’art. 47, comma 1 del DPR n. 495/1992 (Regolamento del nuovo codice della
strada) che abbia la funzione di indicare al pubblico il luogo di
svolgimento dell’attività economica (circ. n. 3/DPF del 3 maggio
2002). Si tratta della scritta a caratteri alfanumerici, completata
eventualmente da simboli o da marchi, realizzata e supportata con materiali di
qualsiasi natura, installata nella sede dell’attività cui si riferisce o nelle
pertinenze accessorie alla stessa.
Coi
chiarimenti del 2002, ampliato il trattamento di favore
Si ricorda altresì che, con circolare n. 1/DPF dell’8
febbraio 2002, lo stesso MEF ha fornito i necessari chiarimenti in ordine alle
novelle introdotte dal citato art. 10 della Finanziaria 2002 e, in particolare,
all’esenzione dal pagamento dell’imposta per le insegne di esercizio.
Più precisamente, con tale documento di prassi i tecnici del Fisco hanno
precisato la portata del regime di esenzione e fornito istruzioni che, nella
profonda sostanza, hanno ampliato la sfera di applicazione del
trattamento di favore. Infatti, con un’interpretazione di ampio
“respiro”, apprezzata anche dall’Assonime (circolare n. 15 del 25 febbraio
2002), il Dipartimento ha ritenuto che nella fattispecie agevolativa rientrano
potenzialmente anche le insegne che identificano le sedi secondarie
delle imprese.
Non va infine sottaciuto che la tesi ministeriale non
aveva deluso le aspettative degli operatori, che si auguravano
un’interpretazione estensiva della norma. Veniva invece sconfessata la
posizione di chi temeva un’interpretazione restrittiva della previsione,
giacché questa lasciava intravedere la possibilità di usufruire dell’esenzione
soltanto per pochi contribuenti, trattandosi pur sempre di agevolazioni
tributarie, nel cui ambito – com’è noto – prevale l’esegesi rigoristica.
Secondo il consolidato insegnamento della Cassazione,
comunque, la normativa (art. 17, comma 1-bis del DLgs. n. 507/1993) non
consente di introdurre distinzioni in relazione al concorso dello scopo
pubblicitario con la funzione propria dell’insegna stessa, purché essa,
oltre a essere installata nella sede dell’attività a cui si riferisce (o nelle
pertinenze accessorie) e ad avere la funzione di indicare al pubblico il luogo
di svolgimento dell’attività, si mantenga nel previsto limite dimensionale
(superficie complessiva non superiore a cinque metri quadrati).
Fonte:
EutekneInfo!, Antonio
PICCOLO
Buonasera, io avrei alcune domande da esporre:
RispondiElimina1) ma la superficie limite di 5 mq per la totalità delle INSEGNE DI ESERCIZIO, viene calcolata sull'effettiva superficie di ogni singola INSEGNA, o vale ancora la metodologia di misurazione disposta dall'art. 7 comma 2 par 1 del D.LGS 503/97, ovvero "Le superfici inferiore ad un metro quadrato si arrotondano per eccesso al metro quadrato e le frazioni di esso, oltre il primo, a mezzo metro quadrato..."?
Per esempio, se un esercente ha 7 insegne che misurano cadauna 0,70 mq, il totale superficie delle INSEGNE DI ESERCIZIO è pari a 4,90 mq o 7 mq?
2) Sulla base delle esenzioni contenute nella circolare n. 3 del Dpf del 3 maggio 2002, in caso sia 7 mq, deve pagare solo la differenza dei 2 mq oltre i 5 mq iniziali o tutti e 7 mq?
3) Le insegne di esercizio, se illuminate (di luce propria o indiretta) hanno la tariffa raddoppiata, o vale quanto disposto dal art. 47 comma 1, del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, ovvero il cds?
Grazie.