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Delitti di false comunicazioni sociali

In arrivo la riforma della disciplina del codice civile in materia di falso in bilancio. Sanzioni fino a 8 anni

Il 1° aprile l’Assemblea del Senato ha approvato il testo unificato in materia di corruzione e falso in bilancio. Il provvedimento è ora all’esame della Camera (A.C 3008).

Le disposizioni in corso di approvazione sono volte contrastare la corruzione attraverso una serie di misure che vanno dall’adeguamento delle sanzioni penali, comprese quelle accessorie, alla riformulazione di alcuni reati, come quelli che puniscono il falso in bilancio, per delimitare la eventuale area di non punibilità.


Il provvedimento, composto di 12 articoli si suddivide sostanzialmente in due parti: la prima riguarda i reati contro la pubblica amministrazione e disposizioni sempre relative a tali reati, la seconda parte invece ha per oggetto i delitti di false comunicazioni sociali

Come si è detto, la seconda parte del provvedimento detta disposizioni penali in materia societaria (artt. da 9 a 12). Gli articoli 9, 10 e 11 del provvedimento riformano la disciplina del codice civile in materia di falso in bilancio.

La connessione con la prima parte del provvedimento è nel rapporto di propedeuticità tra la falsificazione dei bilanci al fine di creare “provviste in nero” ed il fenomeno corruttivo. Il testo già approvato dal Senato, che è il risultato dell’approvazione di un emendamento del Governo, supera questa situazione di sostanziale depenalizzazione facendo cadere le soglie di non punibilità, prevedendo sempre, salvo un caso particolare, la perseguibilità d’ufficio, profilando un doppio binario di sanzioni legato al volume d’affari della società e parificando le società quotate ad altre società che pur non essendo quotate hanno medesima rilevanza economica. 

La scelta di fondo fatta nel testo, come risulta dai lavori preparatori del Senato, è quella di considerare che i delitti di falso hanno una struttura unitaria e che il falso in bilancio non è altro che una ipotesi particolare di manifestazione dei reati di falso. Si tratta di un reato proprio, estendibile a soggetti diversi da quelli previsti come soggetti attivi attraverso il meccanismo del concorso di persone, caratterizzato dal dolo specifico («al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto») e dal fatto che le informazioni e le comunicazioni sociali oggetto del reato sono solo quelle tipicamente «previste dalla legge», nel rispetto del principio costituzionale di determinatezza. Oggetto di esposizione falsa o di omessa esposizione sono solo i «fatti materiali rilevanti», affinché sia rispettato anche un altro principio costituzionale: l’offensività del reato. I fatti inoffensivi sono irrilevanti.

Significatività e rilevanza dei fatti economici ai fini della loro presentazione in bilancio

A tal proposito si ricorda che il principio contabile n. 11 che si occupa di finalità e postulati del bilancio d’esercizio. nel paragrafo dedicato alla “Significatività e rilevanza dei fatti economici ai fini della loro presentazione in bilancio” statuisce che “Il bilancio d’esercizio deve esporre solo quelle informazioni che hanno un effetto significativo e rilevante sui dati di bilancio o sul processo decisionale dei destinatari. Il principio di significatività trova anche riscontro in numerose norme relative alla redazione e al contenuto del bilancio. Il procedimento di formazione del bilancio implica delle stime o previsioni. Pertanto, la correttezza dei dati di bilancio non si riferisce soltanto all’esattezza aritmetica, bensì alla correttezza economica, alla ragionevolezza, cioè al risultato attendibile che viene ottenuto dall’applicazione oculata ed onesta dei procedimenti di valutazione adottati nella stesura del bilancio d'esercizio. Errori, semplificazioni e arrotondamenti sono tecnicamente inevitabili e trovano il loro limite nel concetto di rilevanza; essi cioè non devono essere di portata tale da avere un effetto rilevante sui dati di bilancio e sul loro significato per i destinatari.”

Non oggetto di revisione da parte dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) perchè attesa del recepimento della direttiva 2013/34/UE in materia di informativa di bilancio per le società di capitali non soggette all’applicazione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS.


Sempre in relazione al principio di offensività occorre tenere conto che il Senato si è fatto carico della concomitante riforma della tenuità del fatto da un lato si è prevista, salvo per le società quotate e parificate, una circostanza attenuante e, dall’altro, si è fatta una specificazione, anche in questo caso con l’esclusione delle le società quotate e parificate, sui criteri che il giudice deve valutare per applicare l’istituto della non punibilità per particolare tenuità, di cui all’articolo 131-bis del codice penale, stabilendo che il criterio «prevalente» da valutare debba essere quello dell’entità del danno cagionato a società, soci o creditori.
La struttura è, quindi, la seguente:
·              l’ipotesi generale prevista dall’articolo 2621;
·              la circostanza attenuante della lieve entità prevista dal primo comma dell’articolo 2621-bis;
·              la previsione, nel successivo comma, di una presunzione ex lege di lieve entità per tutti quei fatti relativi alle società di cui al comma 2 dell’articolo 1 del regio decreto n. 267 del 1942, (la legge fallimentare), qualora quelle società ricadano entro determinati limiti quantitativi legati all’attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo, ai ricavi lordi ed all’ammontare di debiti (in questi casi il reato è perseguibile a querela);
·              una speciale ipotesi di particolare tenuità del fatto prevista dal nuovo l’articolo 2621-ter che privilegia il dato relativo all’entità del danno rispetto agli altri parametri individuati dall’articolo 131-bis del codice penale, che già caratterizzano per l’appunto quella speciale tenuità di cui all’articolo 131-bis del nostro codice penale.

In estrema sintesi, in base ai “nuovi” articoli 2621, 2621-bis e 2621-ter c.c., all’esame della Camera, in presenza di condotte concretamente idonee a indurre altri in errore nelle comunicazioni sociali relative a società non quotate, si potrà avere:
a) l’applicazione della pena della reclusione da uno a cinque anni;
b) l’applicazione della pena da sei mesi a tre anni se, in presenza delle citate condotte, i fatti sono di lieve entità, tenuto conto di una serie di elementi oppure per le società di minori proporzioni;
c) la non punibilità per particolare tenuità in base alla valutazione del giudice, prevalentemente incentrata sull’entità del danno.

Questa struttura complessa non è stata riprodotta per le società quotate e parificate, che sono oggetto dell’articolo 2622 del codice civile anch’esso interamente sostituito. In questo ambito vi rientrano quelle società che operano all’interno di mercati regolamentati, ovvero che si trovano in una delle quattro situazioni ritenute equivalenti dal secondo comma dell’articolo 2622. Si tratta di falsità che determinano un danno maggiore rispetto a quello relativo alle società che rientrano nell’ambito dell’articolo 2621, per cui si prevede una sanzione più grave (da tre a otto anni, anziché da uno a cinque anni) e l’inapplicabilità delle ipotesi previste dagli articoli 2621-bis e 2622-ter sui fatti di lieve entità e di particolare tenuità.
Vediamo più nel dettaglio come si articola la nuova disciplina.

Il nuovo articolo 2621 del codice civile

L’articolo 9 del disegno di legge, come detto già approvato dal Senato, riscrive l’articolo 2621 del codice civile – la cui rubrica rimane inalterata – sul falso in bilancio in società non quotate. Prevede che le «false comunicazioni sociali», attualmente sanzionate come contravvenzione, tornino ad essere un delitto, punito con la pena della reclusione da 1 a 5 anni.

La vigente normativa del codice civile distingue tra la fattispecie base di natura contravvenzionale di cui all’art. 2621 (costruita come reato di pericolo) e quella di natura delittuosa di cui al successivo art. 2622, che sanziona il danno effettivo subito dalla società, dai soci o dai creditori in conseguenza del falso in bilancio.
In entrambi i casi di falso in bilancio la punibilità è, attualmente, esclusa:
 - nel caso in cui le falsità o omissioni delle scritture contabili della società non alterino sensibilmente la situazione economica, finanziaria o patrimoniale della società o del gruppo societario di cui fa parte la società;
 - nel caso in cui porti ad una variazione del risultato di esercizio non superiore al 5 per cento, oppure una variazione del patrimonio societario non superiore all’1 per cento.

Nel solo caso di falso in bilancio di cui all’art. 2622, la punibilità è comunque esclusa ove le stime successive alla dichiarazione differiscano meno del 10 per cento rispetto alle stima corretta.

Nulla cambia in relazione ai soggetti in capo ai quali la responsabilità è ascritta (amministratori, direttori generali, dirigenti addetti alla predisposizione delle scritture contabili, sindaci e liquidatori). Nel nuovo articolo 2621 del codice civile, la condotta illecita consiste nell’esporre consapevolmente fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero od omettere consapevolmente fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore; per il reato è confermata la procedibilità d’ufficio.
Oltre al passaggio da contravvenzione a delitto, i principali elementi di novità del nuovo reato falso in bilancio di cui articolo 2621 del codice civile sono i seguenti:
·              scompaiono le soglie di non punibilità (previste dal terzo e quarto comma dell’articolo 2621 nel testo attualmente vigente);
·              è modificato il riferimento al dolo (in particolare, permane il fine del conseguimento per sé o per altri di un ingiusto profitto, ma viene meno «l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico» mentre è esplicitamente introdotto nel testo il riferimento alla consapevolezza delle falsità esposte);
·              è eliminato il riferimento all’omissione di «informazioni» sostituito da quello all’omissione di «fatti materiali rilevanti» (la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene);
·              è introdotto l’elemento oggettivo ulteriore della concreta idoneità dell’azione o omissione ad indurre altri in errore.

Codice civile
Art. 2621
False comunicazioni sociali
Normativa vigente

Codice civile
Art. 2621
False comunicazioni sociali
Con le modiche Ddl A.C. 3008

Salvo quanto previsto dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l’arresto fino a due anni.
Fuori dai casi previsti dall’articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni.
La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
La stessa pena si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
La punibilità è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento.
Soppresso.
In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.
Soppresso.
Nei casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa.
Soppresso.

Introduzione degli articoli 2621-bis e 2621-ter del codice civile

L’articolo 10 introduce nel codice civile due nuove disposizioni dopo l’articolo 2621: gli articoli 2621-bis (Fatti di lieve entità) e 2621-ter (Non punibilità per particolare tenuità). L’articolo 2621-bis del codice civile disciplina l’ipotesi che il falso in bilancio di cui all’articolo 2621 sia costituito da fatti «di lieve entità», salvo che costituiscano più grave reato. Tale fattispecie, punita con la reclusione da sei mesi a tre anni (fatta salva la non punibilità per particolare tenuità del fatto) viene qualificata dal giudice tenendo conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta.
In particolare, l’articolo 2621-bis c.c. disciplina l’ipotesi che il falso in bilancio di cui all’art. 2621 sia costituito da fatti “di lieve entità”, salvo che costituiscano più grave reato.
Tale fattispecie, punita con la reclusione da sei mesi a tre anni (fatta salva la non punibilità per particolare tenuità del fatto, tenendo conto:
              della natura e delle dimensioni della società
              delle modalità o degli effetti della condotta

Analoga sanzione si applica in base al secondo comma anche nel caso in cui le falsità o le omissioni riguardano società che non superano i parametri dimensionali indicati dal secondo comma dell’articolo 1 (Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo) della legge fallimentare (regio decreto 267/1942). 

Si tratta, quindi, di società di piccole dimensioni:
a) con un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 300.000,00;
b) che hanno realizzato, negli ultimi 3 esercizi, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 200.000,00;
c) che hanno un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro 500.000,00.

In tal caso, il delitto è procedibile a querela della società, dei soci, dei creditori o degli altri destinatari della comunicazione sociale.

La sanzione ridotta prevista dal secondo comma dell’art. 2621-bis per le specifiche tipologie di società più piccole costituisce pertanto una presunzione assoluta, introdotta dalla legge, circa la sussistenza del fatto di lieve entità e l’applicabilità della relativa sanzione.

Il nuovo articolo 2621-ter del codice civile prevede che, ai fini della non punibilità prevista dall’articolo 131-bis del codice penale per particolare tenuità dell’illecito (disposizione introdotta dal recente D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28), il giudice valuta, in modo prevalente, l’entità dell’eventuale danno cagionato alla società, ai soci o ai creditori dal falso in bilancio di cui agli artt. 2621 e 2621-bis.

Si ricorda che l’art. 131-bis c.p. (Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto) prevede (primo comma) che nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma (quindi in base: alla natura, alla specie, ai mezzi, all'oggetto, al tempo, al luogo e ad ogni altra modalità dell'azione; alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; alla intensità del dolo o dal grado della colpa), l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

Modifica dell’articolo 2622 del codice civile

L’articolo 11 del disegno di legge sostituisce integralmente l’articolo 2622 del codice civile, attualmente relativo alla «fattispecie di false comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori».
Tale fattispecie viene sostituita dal delitto di «false comunicazioni sociali delle società quotate» – individuate dal nuovo primo comma, come le «società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese della UE» – sanzionato con la pena della reclusione da tre a otto anni.

Attualmente, invece, l’articolo 2622 sanziona il falso in bilancio nelle società quotate con la reclusione da uno a quattro anni.
L’aumento di pena, nel massimo, da quattro ad otto anni previsto dalla nuova fattispecie rende possibile nelle relative indagini l’uso delle intercettazioni. Anche in questo caso, i soggetti attivi del reato sono gli stessi di cui all’attuale articolo 2622 ovvero amministratori, direttori generali, dirigenti addetti alla predisposizione delle scritture contabili, sindaci e liquidatori, con la differenza che qui si tratta di ruoli ricoperti in società quotate. La condotta illecita per il falso in bilancio nelle società quotate consiste nell’esporre consapevolmente fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettere fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore sulla situazione economica della società. 

I principali elementi di novità del nuovo falso in bilancio delle società quotate di cui articolo 2622, primo comma, del codice civile – che parzialmente coincidono con quelli di cui all’articolo 2621 – sono i seguenti:
·              la fattispecie è configurata come reato di pericolo anziché (come ora) di danno; scompare, infatti, ogni riferimento al danno patrimoniale causato alla società; le pene sono aumentate (reclusione da tre a otto anni, anziché da uno a quattro anni);
·              scompaiono, come nel falso in bilancio delle società non quotate, le soglie di non punibilità (previste dai commi 4 ss. del vigente articolo 2622);
·              è modificato il riferimento al dolo (permane il fine del conseguimento per sé o per altri di un ingiusto profitto, ma viene meno «l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico» mentre è esplicitamente introdotto nel testo il riferimento alla consapevolezza delle falsità esposte);
·              è eliminato il riferimento all’omissione di «informazioni», sostituito da quello all’omissione di «fatti materiali rilevanti» (la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene);
·              è introdotto come nell’articolo 2621 l’elemento oggettivo ulteriore della «concreta» idoneità dell’azione o omissione ad indurre altri in errore.

Il comma 2 del nuovo articolo 2622 c.c. equipara alle società quotate in Italia o in altri mercati regolamentati dell’UE, ai fini dell’integrazione della fattispecie penale di false comunicazioni sociali delle società quotate, le seguenti tipologie societarie:
·              le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea;
·              le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano;
·              le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea;
·              le società che fanno appello al pubblico risparmio (cd. Società aperte, che possono essere anche non quotate ma le cui azioni sono diffuse in modo rilevante tra il pubblico secondo i parametri sanciti dalla Consob) o che comunque lo gestiscono.
La disciplina sanzionatoria, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 2622 del codice civile, trova anche applicazione con riguardo alle falsità o omissioni riguardanti beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.

Codice civile
Art. 2622
False comunicazioni sociali vi

Normativa vigente

Codice civile
Art. 2622
False comunicazioni sociali delle società quotate vi

Con le modiche Ddl A.C. 3008

008
Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori di società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni.
Si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorché aggravato, a danno del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in danno dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.
Soppresso.
Nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, la pena per i fatti previsti al primo comma è da uno a quattro anni e il delitto è procedibile d’ufficio.

Soppresso





Alle società indicate nel comma precedente sono equiparate:
1) le società emittenti strumenti finanziari per i quali è stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea;
2) le società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano;
3) le società che controllano società emittenti strumenti finanziari ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell’Unione europea;
4) le società che fanno appello al pubblico risparmio o che comunque lo gestiscono.
La pena è da due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo comma, il fatto cagiona un grave nocumento ai risparmiatori.
Soppresso
Il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall’ultimo censimento ISTAT ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo
Soppresso
La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.
La punibilità per i fatti previsti dal primo e terzo comma è esclusa se le falsità o le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene. La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per cento.
Soppresso
In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singolarmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.
Soppresso
Nei casi previsti dai commi settimo e ottavo, ai soggetti di cui al primo comma sono irrogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa.
Soppresso

Modifiche alle disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti in relazione ai reati societari

L’articolo 12 modifica l’articolo 25-ter del D. Lgs. 231 del 2001 (responsabilità amministrativa delle persone giuridiche), il quale reca una disciplina dei criteri di imputazione della responsabilità degli enti valevole per i reati societari.
In particolare, la lettera a) del comma 1 dell’articolo modifica l’alinea del comma 1 dell’articolo 25-ter citato, intervenendo sui criteri soggettivi di imputazione della responsabilità e che comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie (per quote). La norma, nella formulazione vigente, limita per i reati societari la cerchia dei possibili autori del fatto a soggetti che ricoprono specifici ruoli nella compagine organizzativa dell’ente (amministratori, direttori generali, liquidatori o persone sottoposte alla loro vigilanza). Tale limitazione viene ora superata dalla soppressione del riferimento ai citati ruoli di vertice

La lettera b) interviene sulla lettera a) del comma 1 del citato articolo 25- ter, da un lato, sostituendo il riferimento al reato contravvenzionale con quello al «delitto di false comunicazioni sociali» di cui all’articolo 2621 c.c. e, dall’altro, elevando il limite massimo edittale della relativa sanzione pecuniaria da trecento a quattrocento quote.
La lettera c) introduce una ulteriore lettera a-bis), al comma 1 dell’articolo 25-ter in conseguenza dell’introduzione del nuovo articolo 2621-bis (falso in bilancio di lieve entità) nel codice civile. In relazione a tale fattispecie la norma prevede la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote

La lettera d) del comma 1 dell’articolo 12 della Ddl sostituisce la lettera b) dell’articolo 25-ter, prevedendo per tale delitto la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote (attualmente, la sanzione va da trecento a seicentosessanta quote).
La lettera e) del comma 1 dell’articolo 11 del Ddl abroga infine la lettera c) dell’articolo 25-ter citato che, a legislazione vigente, prevede per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori nelle società quotate (articolo 2622, terzo comma, del codice civile), la sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote.

Fonte:  Settimanale Finanza & Fisco n. 15/2015


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