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Ferie 2021: i controlli di fine anno

Il 31 dicembre 2021 scade il termine entro il quale i datori di lavoro devono obbligatoriamente concedere ai propri dipendenti le prime due settimane di ferie maturate nell’anno 2020. La mancata fruizione del periodo feriale è sanzionata in base a quanto previsto dall'art. 18-bis del D.Lgs. n. 66/2003, che segue un meccanismo sanzionatorio “a scaglioni”: la sanzione “base” va da 120 a 720 euro per ciascun lavoratore a cui la violazione si riferisce e aumenta se l’inadempienza interessa più di 5 lavoratori. L’occasione è dunque propizia per riepilogare la disciplina delle ferie, al fine di evidenziare le modalità di fruizione delle stesse e gli adempimenti che il datore di lavoro deve porre in essere.


Modalità di fruizione delle ferie

Salvo quanto previsto dal CCNL applicato al lavoratore o dalla disciplina riferita alle specifiche categorie, il periodo minimo annuale di ferie retribuite va goduto in due periodi ben distinti.

Dal 29 aprile 2003, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 66/2003, ai fini operativi il lavoratore ha diritto a:

  • un primo periodo di ferie, pari a 2 settimane, che va fruito nello stesso anno di maturazione, in modo anche ininterrotto, se richiesto dal lavoratore, purché non vengano violati i principi del Codice Civile. Nel senso che la richiesta deve essere comunque formulata in anticipo in modo tale da rispettare le esigenze dell’impresa. Qualora il lavoratore non abbia beneficiato del suddetto periodo di ferie nel corso dell’anno, il datore diventa passibile di sanzione; al contrario, il lavoratore vanta un credito per ciascun giorno di mancato godimento delle ferie, i quali gli verranno liquidati a fine rapporto. Affinché il datore di lavoro venga sanzionato, è sufficiente che il lavoratore non abbia goduto anche solo di una parte delle due settimane cui egli ha diritto;

È bene tenere presente che in tale periodo il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutti i provvedimenti idonei a consentire l'esaurimento delle ferie pregresse, non essendo ammissibile la monetizzabilità del diritto, a meno che la concessione non risulti eccessivamente onerosa. Infatti, il D.Lgs. n. 66/2003 ha introdotto in Italia, in modo espresso, il divieto di monetizzazione del periodo di ferie corrispondente alle 4 settimane garantite per legge, operante salvo il caso della risoluzione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno.

  • un secondo periodo di ferie, sempre pari a due settimane, può essere fruito in modo ininterrotto o frazionato entro e non oltre 18 mesi dalla fine dell’anno di maturazione.

Se non viene rispettato il suddetto termine:
→ il datore di lavoro sarà sanzionato;
→ mentre il lavoratore vanterà un credito di ferie arretrate di cui potrà usufruire a fine rapporto di lavoro.

È possibile riscontrare anche un terzo periodo di ferie, che sarebbe quello che eccede il periodo minimale, riconosciuto dalla contrattazione collettiva o dal contratto di assunzione. Si tratta di un periodo piuttosto flessibile, in quanto è addirittura possibile monetizzare le ferie non fruite mediante un’indennità sostitutiva.

MODALITÀ DI FRUIZIONE DELLE FERIE

1° periodo (obbligatorio)

Due settimane da fruire in modo non interrotto, se richiesto dal lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione (es. quest’anno vanno fruite almeno 2 settimane).

Non monetizzabili.

2° periodo (obbligatorio)

Due settimane da fruire in modo frazionato ma entro 18 mesi successivi dall’anno di maturazione (termine che può essere prorogato dalla contrattazione collettiva).

Non monetizzabili.

3° periodo (facoltativo

Se contrattualmente previsto, quale eccedenza del periodo minimo di 4 settimane.

Possibilità di monetizzare.

Come illustrato nella suddetta tabella, per il periodo c.d. “minimo legale” (4 settimane) vige il divieto assoluto di monetizzare le ferie non godute. Tuttavia, esistono alcune eccezioni a tale regola, ossia:

  • i contratti a tempo determinato di durata inferiore ad un anno, per i quali è ammessa la corresponsione del corrispettivo per le ferie non godute anche mensilmente;
  • il pagamento delle ferie non godute in seguito alla risoluzione del rapporto di lavoro, a prescindere dalla causale della cessazione.

Inoltre, le ferie che possono essere sostituite da un’indennità sono:

  • le ferie maturate fino al 29 aprile 2003 (data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 66/2003);
  • le ferie maturate dal lavoratore il cui rapporto di lavoro cessi entro l’anno di riferimento;
  • le settimane o i giorni di ferie previsti dalla contrattazione collettiva in misura superiore al periodo minimo legale.

Maturazione delle ferie

Come accennato, il prestatore di lavoro ha diritto ogni anno a un periodo di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane. Ciò consente al lavoratore di soddisfare le esigenze psicofisiche fondamentali del lavoratore, permettendogli di partecipare più incisivamente nella vita di relazione, familiare e sociale tutelando il suo diritto alla salute, nell’interesse dello stesso datore di lavoro.

Le ferie maturano nel corso del rapporto di lavoro in maniera progressiva e proporzionale in relazione all’attività lavorativa effettivamente prestata dal lavoratore. È dunque chiaro che laddove il lavoratore abbia lavorato per l’intero anno, gli vengono attribuite le ferie nella misura piena prevista dal CCNL applicato; di converso, ossia qualora il lavoratore non lavori per l’intero periodo di maturazione delle ferie ha diritto ad un numero di giorni di ferie proporzionale al servizio effettivamente prestato, secondo i criteri dettati dai contratti collettivi di categoria. Inoltre, se il dipendente il cui rapporto di lavoro viene a cessare ha anticipatamente usufruito di ferie non ancora maturate il datore di lavoro procederà alle relative trattenute.

Dunque, la maturazione delle ferie è strettamente collegata all’effettiva prestazione di lavoro, inclusi i casi di assenza che in base alla legge o alla contrattazione collettiva sono da considerarsi come effettiva presenza in servizio.

Tra queste si segnalano:

  • l’astensione obbligatoria per congedo di paternità o di maternità;
  • il congedo matrimoniale;
  • l’infortunio sul lavoro;
  • la malattia;
  • gli incarichi presso i seggi elettorali. 

Le ferie non maturano invece durante:

  • l’astensione facoltativa per maternità;
  • l’assenza per malattia del bambino;
  • l’aspettativa sindacale per cariche elettive;
  • lo sciopero;
  • il servizio militare di leva;
  • il periodo di preavviso non lavorato (l’avvenuto pagamento dell’indennità sostitutiva, accettata dal lavoratore, comporta la risoluzione del rapporto di lavoro);
  • la sospensione dal lavoro con ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni a zero ore. 

Prospetto ferie 2021

Nella seguente tabella riepiloghiamo brevemente il piano delle ferie di ciascun lavoratore - relativo agli anni 2019, 2020 e 2021 - in modo tale che il datore di lavoro possa effettuare una attenta verifica qualora abbia ancora dipendenti ai quali far fruire eventuali ferie residue.

PIANO FERIE

Anno 2019

  • 2 settimane andavano fruite durante il 2019 (stesso anno di maturazione);
  • 2 settimane andavano fruite entro il 30 giugno 2021;
  • l’eventuale ulteriore periodo può essere monetizzato; la contribuzione, però, andava in ogni caso assolta, su tutte le ferie arretrate risultanti al 30 giugno 2021entro il 16 agosto 2021 con la denuncia contributiva relativa al mese di luglio 2021.

Anno 2020

  • 2 settimane andavano fruite entro il 31 dicembre 2020 (anno di maturazione);
  • 2 settimane vanno fruite entro il 30 giugno 2022;
  • l’eventuale ulteriore periodo può essere monetizzato; la contribuzione, però, andrà in ogni caso assolta, su tutte le ferie arretrate risultanti al 30 giugno 2022entro il 16 agosto 2022 con la denuncia contributiva relativa al mese di luglio 2022.

Anno 2021

  • 2 settimane vanno fruite entro il 31 dicembre 2021 (anno di maturazione);
  • 2 settimane vanno fruite entro il 30 giugno 2023;
  • l’eventuale ulteriore periodo può essere monetizzato; la contribuzione, però, andrà in ogni caso assolta, su tutte le ferie arretrate risultanti al 30 giugno 2023entro il 16 agosto 2023 con la denuncia contributiva relativa al mese di luglio 2023.

Il Sig. Mario Rossi alla data del 10 dicembre 2021, presenta la situazione feriale:
- nell’anno 2019 ha fruito di 2 settimane di ferie entro il 31 dicembre 2019 e altre 2 settimane di ferie entro il 30 giugno 2021;
- nell’anno 2020 ha fruito di 2 settimane di ferie;
- nell’anno 2021 ha goduto di 1 settimana di ferie.

Alla luce della suddetta situazione, il datore di lavoro è tenuto innanzitutto a far fruire, per l’anno 2021, della restante settimane di ferie, in modo tale da mettersi in regola per quest’anno. Per quanto riguarda il 2019, invece, il dipendente ha già fruito di 4 settimane, quindi risulta in regola. Infine, per il 2020 il datore di lavoro deve annotare di far fruire al dipendente delle restanti 2 settimane di ferie entro il 30 giugno 2022.

Diritti e doveri del datore di lavoro

Nella determinazione del periodo feriale, il datore di lavoro conserva il diritto di stabilire come distribuire fra i dipendenti il riposo obbligatorio. Tale potere, però, non è privo di vincoli, in quanto occorre:

  • tenere conto degli interessi del lavoratore (art. 2109 c.c.);
  • comunicare al lavoratore il periodo stabilito per il godimento delle ferie con qualche preavviso che, secondo correttezza e buona fede, è utile a consentire al lavoratore di organizzare in modo conveniente il riposo concesso (trattasi di atto recettizio, non vincolato a forma scritta, ma necessariamente idoneo a palesare specificamente la volontà);
  • rispettare il principio per cui le ferie debbono essere godute entro l’anno e non successivamente (art. 2109 c.c. e Corte Cost. 19 dicembre 1990, n. 543).

Pertanto, è illegittima la determinazione unilaterale del periodo di godimento delle ferie da parte del datore di lavoro allorché:

  • non venga tenuto conto anche degli interessi dei lavoratori e non vi siano comprovate esigenze organizzative aziendali;
  • non venga salvaguardata la funzione fondamentale dell’istituto di consentire al lavoratore la reintegrazione delle energie psicofisiche.

Al lavoratore, dal canto suo, è riconosciuta soltanto la facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche nell’ipotesi in cui un accordo sindacale o una prassi aziendale stabilisca, al solo fine di una corretta distribuzione dei periodi feriali, i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda.

È bene tenere presente che non sussiste un diritto incondizionato del lavoratore alla determinazione del proprio periodo di ferie. Dunque, può ritenersi giustificato il comportamento del datore di lavoro che, nel rispetto delle previsioni del CCNL ed in presenza di effettive esigenze di servizio, accolga solo parzialmente le richieste del dipendente in merito al periodo di fruizione del riposo feriale.

Il diritto alle ferie implica per il datore di lavoro non solo l’obbligo di assegnarle, consentendo al lavoratore di assentarsi dal servizio, ma anche quello di corrispondergli per tal periodo la retribuzione. Infatti, nel periodo di ferie il lavoratore ha diritto a una retribuzione uguale a quella che avrebbe percepito se avesse lavorato, comprensiva della media dei compensi per lavoro straordinario percepiti nell'anno di riferimento. Pertanto è nullo, contrastando con l’art. 36 della Costituzione, ogni patto individuale o collettivo che preveda un trattamento in pejus.

Casi particolari

Prima di soffermarci sul regime sanzionatorio, appare opportuno illustrare alcuni casi particolari che possono concretizzarsi durante il rapporto di lavoro:

  • la cessione dei riposi e delle ferie: il 24 settembre 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. n. 151/2015, uno dei decreti attuativi della Legge delega n. 183/2014 (c.d. Jobs Act), che all’art. 24 introduce il nuovo istituto della cessione a titolo gratuito dei riposi e delle ferie. La norma in questione prevede in particolare che i lavoratori possano cedere a titolo gratuito i riposi e le ferie da loro maturati ai lavoratori dipendenti dallo stesso datore di lavoro, al fine di consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che per le particolari condizioni di salute necessitano di cure costanti;

La cessione non richiede il previo consenso del datore del lavoro; deve tuttavia ritenersi che, una volta che i riposi o le ferie aggiuntive siano entrati nella disponibilità del lavoratore bisognoso, l’accordo del datore di lavoro sarà in ogni caso necessario per stabilire la collocazione temporale della fruizione dei riposi e delle ferie cedute, avendo la giurisprudenza in più occasioni avuto modo di ribadire il principio per cui “il periodo di godimento delle ferie annuali non può essere autodeterminato dal lavoratore, configurandosi l’atto di concessione delle stesse come prerogativa riconducibile al potere organizzativo del datore di lavoro, in relazione alle esigenze di ordinato svolgimento dell’attività di impresa” (Cass. 26 novembre 2014, n. 25159).

lavoratori non sono liberi di cedere indiscriminatamente tutti i riposi e le ferie maturati, ma solo quelli che eccedono i periodi minimi di riposo riconosciuti a ciascun lavoratore dal D.Lgs. n. 66/2003, vale a dire: un riposo giornaliero consecutivo di almeno 11 ore ogni 24 ore; un riposo settimanale di almeno 24 ore consecutive; un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a 4 settimane. Oggetto di cessione potranno quindi essere i soli riposi e le sole ferie che eccedano tali limiti. 

  • malattia e sospensione delle ferie: la giurisprudenza (sentenza n. 2515/1996) ha più volte affermato che la malattia sospende le ferie, salvo il caso in cui la malattia stessa non sia tale da pregiudicare la funzione delle ferie, il cui scopo è consentire il recupero delle energie psico-fisiche attraverso il riposo e la ricreazione. In tal senso, appare nulla ogni clausola contrattuale che consenta la sospensione solo in caso di ricovero ospedaliero, in quanto pone una limitazione non consentita. Pertanto, la conversione dell'assenza per ferie in assenza per malattia opera soltanto a seguito della comunicazione dello stato di malattia al datore di lavoro, salvo che quest'ultimo non provi l'infondatezza di detto presupposto, allegando la compatibilità della malattia con il godimento delle ferie.

Le sanzioni

Come accennato in precedenza, in caso di mancata concessione delle ferie ai propri dipendenti il datore di lavoro sarà sanzionato in base a quanto previsto dall'art. 18-bis  del D.Lgs. n. 66/2003, che segue un meccanismo sanzionatorio “a scaglioni”.

Quindi, verrà applicata:

  • la sanzione “base” che va da 100 a 600 euro per ciascun lavoratore a cui la violazione si riferisce;
  • la sanzione “maggiorata” che va da 400 a 1500 euro qualora la violazione interessa più di cinque lavoratori e si è verificata per almeno 2 anni.

Se la violazione interessa più di 10 lavoratori e si è verificata per almeno quattro anni, la sanzione amministrativa andrà da 800 a 4500 euro.

MECCANISMO SANZIONATORIO FERIE NON FRUITE

Sanzione base

Da 120 a 720 euro

Per ciascun lavoratore a cui la violazione si riferisce

Sanzione maggiorata

Da 480 a 1.800 euro

Violazione: più di 5 lavoratori.

Durata violazione: Superiore a 2 anni.

Sanzione maggiorata

Da 960 a 5.400 euro

Violazione: più di 10 lavoratori.

Durata violazione: Superiore a 4 anni.

 


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