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Fattura elettronica e acquisto di carburante

Per i soggetti passivi IVA, a decorrere dal 1° gennaio 2019, ai fini della deducibilità del costo (nei limiti di quanto stabilito dal TUIR) e della detrazione dell’IVA (nei limiti di quanto stabilito dal D.P.R. n. 633/1972), l’unico documento giustificativo per l’acquisto di carburante, di qualsiasi tipologia, destinato a qualsiasi finalità, effettuato con qualsiasi modalità, è la fattura elettronica, oltre al fatto che i pagamenti devono continuare ad essere “tracciati” secondo le modalità delineate dal provvedimento direttoriale 4 aprile 2018.

Quanto scritto in precedenza torna applicabile anche con riferimento ai rifornimenti presso le stazioni di servizio e con riguardo a qualsiasi tipo di combustibile o carburante acquistato (ivi inclusi GPL e metano), poiché l’obbligo di fatturazione in esclusiva modalità elettronica interessa indistintamente tutti i soggetti passivi IVA, qualora si voglia dedurre il costo ovvero detrarre l’IVA.
Si ricorda, poi, che dal 1° gennaio 2019 è stata abrogata la scheda carburante; conseguentemente, non si potrà utilizzare neppure per dedurre il costo, così come non si potrà dedurre il costo ovvero detrarre l’IVA utilizzando unicamente il pagamento con strumenti tracciabili.
DomandaPer la deduzione del costo e la detrazione dell’IVA sul carburante dell’autovettura di un professionista qual è l’unica modalità consentita dal 1° gennaio 2019?

Risposta
L’unica modalità è quella di richiedere fattura elettronica e procedere con il pagamento con modalità tracciata. Altra modalità utilizzata da molti soggetti passivi IVA è quella di dotarsi di apposita scheda di netting.

Acquisto di carburanti al “self service”

Così come chiarito dalla circolare 30 aprile 2018, n. 8/E, per le cessioni di carburanti è possibile utilizzare la fattura differita, sempre che al momento della cessione venga consegnato all’acquirente un documento analogico ovvero elettronico che contenga la data della cessione, le generalità del cedente, del cessionario e dell’eventuale trasportatore, nonché la descrizione della natura, quantità e qualità dei beni ceduti.
Tale modalità potrà essere utilizzata, ad esempio, per gli acquisti di carburante presso i distributori self service che non rilasciano nell’immediato fattura elettronica (p. 2 della C.M. 12 agosto 1998, n. 205/E).
Ne consegue che per rifornimenti a self service questa è l’unica procedura ad oggi percorribile, ancorché sarà necessario intervenire “a mano” sul bigliettino di spesa rilasciato dal self service per indicare i dati del cessionario.

Buoni acquisto carburante (cd. “voucher”) dal 1° gennaio 2019

Si ricorda che, coerentemente con quanto stabilito dalla Dir. CEE 27 giugno 2016, n. 2016/1065 eto attuativo (D.Lgs. 29 novembre 2018, n. 141), fornisce la definizione generale di buono-corrispettivo, da intendersi quale strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo o parziale corrispettivo a fronte di una cessione di beni o di una prestazione di servizi e che indica, sul relativo supporto ovvero nella documentazione collegata al buono:
  • i beni o servizi da cedere o prestare;
  • l’identità dei potenziali cedenti o prestatori;
  • le condizioni generali di utilizzo ad esso relative.
Il buono-corrispettivo può presentarsi in forma sia fisica che elettronica, e si distingue dagli strumenti di pagamento, in quanto questi ultimi non includono uno specifico diritto a ricevere beni o servizi, avendo come unica finalità quella di effettuare il pagamento.
Il decreto distingue i buoni in:
  • buono-corrispettivo monouso”, se al momento della sua emissione è nota la disciplina applicabile ai fini IVA alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto. Ne consegue che un buono-corrispettivo potrà essere considerato monouso solo se già al momento della sua emissione sono noti tutti gli elementi richiesti ai fini della documentazione dell’operazione e quindi il luogo in cui può essere utilizzato il buono per individuare il presupposto della territorialità, nonché la natura, qualità e quantità dei beni e servizi formanti oggetto dell’operazione;
  • buono-corrispettivo multiuso”, se al momento della sua emissione non è nota la disciplina applicabile ai fini IVA alla cessione dei beni o alla prestazione dei servizi a cui il buono-corrispettivo dà diritto.
Per quanto riguarda il “buono-corrispettivo monouso”, l’emissione ed ogni suo successivo trasferimento sono soggetti ad imposizione ai fini IVA, in quanto costituiscono effettuazione della cessione di beni o della prestazione di servizi cui il buono dà diritto. Conseguentemente, tali trasferimenti devono essere fatturati secondo le ordinarie regole previste ai fini IVA per la cessione dei beni o la prestazione di servizi cui il buono dà diritto. Considerato che l’emissione del buono monouso, nonché ogni suo eventuale trasferimento sono già stati assoggettati ad IVA, la successiva consegna dei beni ovvero la prestazione dei servizi non assumeranno rilevanza ai fini IVA, in quanto l’emissione del buono e la successiva cessione di beni o prestazione di servizi costituiscono un’operazione unica ai fini IVA.
Se il soggetto che ha emesso il buono monouso è diverso da quello che effettua la cessione del bene ovvero la prestazione del servizio a cui il buono dà diritto, si deve ritenere che il cedente/prestatore abbia effettuato l’operazione nei confronti del soggetto che ha emesso il buono monouso.
Ai fini della fatturazione del “buono-corrispettivo monouso”, risulta, quindi, necessario conoscere altri elementi, oltre al luogo di effettuazione dell’operazione e all’ammontare dell’IVA dovuta; ciò allo scopo di potere applicare il corretto regime IVA. Sul punto la relazione illustrativa che accompagna il decreto attuativo chiarisce che, al momento dell’emissione del buono, occorre conoscerenatura, qualità e quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione”. Per quanto riguarda la base imponibile applicabile ai “buoni-corrispettivo monouso” non sono previste specifiche disposizioni. Infatti, in tale caso rileva il corrispettivo dovuto per il buono stesso.
Con riferimento, invece, al “buono-corrispettivo multiuso”, atteso che non è nota la disciplina applicabile ai fini IVA all’atto della sua emissione, ma solo al momento in cui il buono-corrispettivo è riscattato, sia l’emissione che i successivi trasferimenti non assumono rilevanza ai fini IVA, non comportando alcuna anticipazione della cessione del bene o della prestazione di servizi. Conseguentemente, le cessioni/prestazioni sottese al “buono-corrispettivo multiuso” si considerano effettuate ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 633/1972 solo al momento del riscatto del buono multiuso, assumendo come pagamento l’accettazione del buono come pagamento del corrispettivo.
Il decreto attuativo prevede che, nei casi in cui il trasferimento di un “buono-corrispettivo multiuso” intercorra tra soggetti diversi da quelli tra i quali interviene la cessione dei beni o la prestazione dei servizi, i corrispettivi eventualmente dovuti per i servizi di distribuzione e simili sono autonomamente rilevanti ai fini IVA.
Sempre con riferimento ai “buoni-corrispettivo multiuso” sono disciplinati i criteri di determinazione della base imponibile delle relative operazioni, in quanto queste ultime sono individuate solo al momento del riscatto. La base imponibile dell’operazione soggetta a IVA è costituita dal corrispettivo dovuto per il “buono-corrispettivo multiuso” o, in assenza di informazioni sul corrispettivo, dal valore monetario del “buono-corrispettivo multiuso” al netto dell’IVA dovuta sui beni ceduti o sui servizi prestati.
Se il buono multiuso viene usato solo parzialmente, la base imponibile è pari alla parte corrispondente del corrispettivo o del valore monetario del buono.
Infine, si prevede che per i servizi di distribuzione e simili di un buono-corrispettivo multiuso la base imponibile, comprensiva dell’IVA, nel caso in cui il trasferimento interviene tra soggetti diversi da quelli tra i quali interviene la cessione dei beni o la prestazione dei servizi, e qualora non sia stabilito uno specifico corrispettivo, è costituita dalla differenza tra il valore monetario del buono e l’importo dovuto per il trasferimento del buono stesso.
La nuova disciplina delineata pone alcune questioni interpretative, che auspichiamo siano chiarite da parte dell’Amministrazione finanziaria. In particolare, sembra in primo luogo ragionevole ritenere che l’emissione/cessione dei buoni carburante, anche alla luce delle nuove disposizioni, dovrebbe continuare ad essere esclusa da IVA, in quanto all’atto della loro emissione/cessione non è possibile individuare la quantità di carburante che sarà effettivamente ceduta al momento del “riscatto” del buono, in considerazione delle oscillazioni quotidiane dei prezzi e del fatto che ogni punto vendita pratica prezzi diversi ed il buono indica solo il valore nominale.
Ne discende che, a seconda del giorno o del punto vendita presso il quale è “riscattato” il buono, variano le quantità e, quindi, come indicato nella relazione illustrativa che accompagna lo schema di decreto attuativo, non sarebbero noti, già al momento dell’emissione/cessione del buono, tutti gli elementi richiesti ai fini della documentazione dell’operazione (natura, qualità e quantità dei beni e servizi formanti oggetto dell’operazione). Tali considerazioni dovrebbero valere sia per i buoni carburanti “multiuso”, quelli cioè che danno diritto all’acquisto di carburanti di diversa natura come la benzina, il gasolio, il GPL ed il metano per uso autotrazione (che dovrebbero già essere esclusi da IVA in base alle disposizioni in argomento), sia quelli “monouso” che danno diritto all’acquisto di un solo prodotto.
Conformemente a quanto specificato dall’ottavo Considerando della Dir. n. 2006/1065/UE, in base al quale, “qualora sia possibile determinare con certezza già al momento dell’emissione di un buono monouso il trattamento ai fini dell’IVA attribuibile alla corrispondente cessione di beni o prestazione di servizi, l’IVA dovrebbe essere esigibile per ogni trasferimento, compresa l’emissione del buono monouso”, sembra ragionevole ritenere che, in relazione ad un trasferimento dei buoni per i quali l’IVA non sia esigibile, in quanto la sottostante cessione di beni o prestazione di servizi è soggetta a regimi di esenzione o non imponibilità, piuttosto che al reverse charge, non dovrebbero applicarsi le regole previste per i buoni monouso.
Sembra ancora ragionevole ritenere che la disciplina dei buoni corrispettivo non dovrebbe trovare applicazione con riferimento ai cd. buoni pasto. Ciò in considerazione del fatto che tali documenti di legittimazione, seppure definibili “buoni”, sono soggetti ad una disciplina speciale da un punto di vista sia civilistico che fiscale (i buoni pasto sono, infatti, disciplinati dall’art. 144 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, e dal D.M. 7 giugno 2017, n. 122). Anche in questo caso sarebbe auspicabile una conferma da parte dell’Agenzia delle entrate.
Infine, si evidenzia che le nuove regole in tema di “buoni corrispettivo” dovrebbero trovare applicazione anche nel welfare aziendale. La relazione al decreto sul punto non è esplicita, ma a questa conclusione si può giungere tenendo conto che i buoni (ovvero voucher) vengono tecnicamente definiti come “titoli di legittimazione”, utilizzando la medesima terminologia adottata all’art. 51, comma 3-bis, del TUIR, in tema di welfare aziendale. Anche in questo caso, dunque, occorre distinguere tra “buoni-corrispettivo multiuso” e “monouso”, facendo, tuttavia, attenzione alle differenze presenti nelle definizioni introdotte ai fini IRPEF e IVA. Infatti:
  • ai fini delle imposte dirette, è monouso unicamente il voucher che contiene un solo benefit di cui all’art. 51, comma 2, del TUIR (iscrizione all’asilo nido o check-up medico), mentre
  • ai fini IVA, è tale anche il buono contenente più prestazioni, tutte certe nel luogo e nel valore (si pensi, ad esempio, al voucher per un corso di francese a Roma e uno di lettura a Milano).

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